“Taranto Chiama”, il nuovo docu-film della giornalista Rosy Battaglia

Che cos’è davvero sostenibile per la vita umana? E cosa significa agire per la sostenibilità ambientale tra pandemie e guerre?

Sono queste le domande alle quali cercherà di rispondere Rosy Battaglia, giornalista d’inchiesta, documentarista e ideatrice di Cittadini Reattivi, con il suo prossimo documentario-inchiesta “Taranto chiama”, la terza produzione dal basso delle cittadine e dei cittadini reattivi.

La campagna di crowdfunding di Cittadini Reattivi a sostegno del docu-film è stata presentata questa mattina a Roma nella sede della Federazione Nazionale della Stampa.
Nel 2020 a Trieste, dopo 125 anni, i movimenti civici sono riusciti a chiudere la storia degli altiforni della città ottenendo la chiusura dell’area a caldo della Ferriera, impianto industriale altamente inquinante, proiettando così la città verso un futuro ecologico. A Taranto le medesime lotte sono in corso intorno all’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia, il polo siderurgico più grande d’Europa.
Lo scorso febbraio l’Onu, nel rapporto del Relatore speciale sulla questione del diritto umano al godimento di un ambiente sicuro, pulito, sano e sostenibile, ha definito la città pugliese “zona di sacrificio”, una delle più inquinate della Terra.

Tra i luoghi più degradati in Europa occidentale, definite appunto “zone di sacrificio”, i relatori hanno individuato proprio la zona dell’Ilva di Taranto, che si trova nella stessa situazione di zone come quella di Quintero-Puchuncavi in Cile, Bor in Serbia e Pata Rat in Romania.
“Il diritto a un ambiente salubre – ha scritto nel rapporto David R. Boyd – può essere garantito solo se si limita l’utilizzo di sostanze tossiche che colpiscono le persone più vulnerabili“.

A maggio, la Corte Europea per i Diritti Umani ha condannato lo Stato Italiano per ben quattro volte, dopo la sentenza del 24 gennaio 2019, in quanto “continua ancora oggi a non tutelare la salute dei cittadini dagli effetti delle emissioni nocive del siderurgico e non procede alle bonifiche di tutta la zona coinvolta dall’inquinamento”.

A Taranto mamme e padri, attiviste e attivisti, medici e scienziati continuano a denunciare la pericolosità di quell’impianto che ricade sulla popolazione e sui lavoratori.

Un documentario-inchiesta basato su fatti, dati e testimonianze di coloro che operano per il cambiamento. Per dare voce anche agli oltre 5 milioni di persone che, solo in Italia, vivono nelle zone più inquinate e pericolose per la salute umana e gli ecosistemi, i cosiddetti siti di interesse nazionale (SIN) la cui bonifica spetta sempre allo Stato italiano.
La raccolta fondi per la campagna di crowdfunding è di 25 mila euro su un budget complessivo di 46mila euro ed andrà a sostenere la produzione, con il completamento di interviste e riprese, la promozione e la distribuzione del documentario che verrà presentato nel 2023.

Il progetto parte con il sostegno di FNSI e Teamdev, con il contributo straordinario del Premio Marcellino de Baggis e con il patrocinio dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti e Articolo 21, di Afeva, Basta Veleni, ISDE Italia – Medici per l’ambiente, Peacelink, Genitori Tarantini, Comitato Cittadini e lavoratori Liberi e Pensanti, Comitato Donne e Futuro per Taranto Libera, Centro Studi Sereno Regis, Medicina democratica, Osservatorio per la comunicazione e l’informazione nella PA in Italia e in Europa dell’Università degli Studi di Salerno.

La campagna di crowdfunding è attiva sulla piattaforma “Produzione dal Basso”. Per sostenere il progetto qui il link.

“Taranto in questo momento di guerra, di pandemia e di crisi economica,– dichiara la giornalista – è l’esemplificazione di una situazione che dobbiamo assolutamente risolvere. Se risolviamo Taranto abbiamo risolto un po’ quelli che sono i problemi d’Italia”.

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