Ordinanza anti-benzene a Taranto. Marescotti: “l’ordinanza del sindaco segna un punto di svolta che deve riportare al centro il tema della Valutazione del Danno Sanitario”.

Ognuna per le rispettive competenze, Acciaierie d’Italia e Ilva in amministrazione straordinaria hanno 30 giorni di tempo per individuare quali siano gli impianti responsabili dell’aumento della concentrazione di benzene registrata dalle centraline atmosferiche.

Lo stabilisce l’ordinanza contingibile e urgente firmata dal sindaco di Taranto Rinaldo Melucci che, ricalcando l’analogo provvedimento del 2020, ha tra l’altro intimato alle due società di individuare una soluzione tempestiva al problema senza la quale, entro 60 giorni dall’ordinanza, bisognerà procedere allo spegnimento degli impianti dell’area a caldo.

“L’ordinanza del Sindaco di Taranto sul benzene – spiega Alessandro Marescotti, Presidente di Peacelinkgiunge dopo una lunga e costante serie di segnalazioni di PeaceLink sui picchi di benzene e sul trend in aumento nel quartiere Tamburi. Il lavoro di costante documentazione svolto dall’associazione sui social network è stato un esperimento unico in Italia di “citizen science” basato su tecnologie digitali. Ogni volta che aumentava il benzene partiva in automatico dal software Omniscope un tweet su Twitter per avvisare l’opinione pubblica e le autorità“.

Ciò che prima era considerato semplice allarmismo digitale – chiarisce – è poi diventato la base su cui svolgere un’istruttoria ufficiale da parte di ASL e Arpa“.

Fondamentale il lavoro di istruttoria svolto dall’Arpa Puglia e dalla Asl di Taranto, che hanno reso sufficientemente robusta l’ordinanza che non era più procrastinabile di fronte alle evidenze acquisite e al paradossale verificarsi di eventi emissivi anomali, proprio ora che erano state installate le tecnologie SOPRECO nella cokeria per ridurre le emissioni.

Occorre adesso rendere permanente l’effetto dell’ordinanza – precisa ancora Marescotti – portando le evidenze tecnico-scientifiche di ASL e ARPA all’interno della nuova procedura di AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale). La cokeria pertanto non va più riautorizzata. Al contrario, l’azienda chiede di triplicare la produzione del carbon coke, da un milione a oltre tre milioni di tonnellate/anno“.

“Stiamo andando invece verso una transizione opposta, con la richiesta di rifacimento dell’altoforno 5 e con il raddoppio della produzione di agglomerato. L’ordinanza del sindaco segna un punto di svolta che deve riportare al centro il tema della Valutazione del Danno Sanitario. Senza certezze per la salute – conclude Marescotti – l’area a caldo dell’ILVA va fermata in sede di autorizzazione integrata ambientale, rigettando – sulla base delle abbondanti evidenze ambientali e sanitarie – ogni autorizzazione a produrre per i prossimi 12 anni“.

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