Cariche contro gli studenti: prove tecniche di repressione

L’inquietante escalation di tensione e censura che attanaglia l’Italia nell’ultimo periodo, ha trovato la sua drammatica manifestazione nelle violenze scatenate dalla polizia contro i cortei studenteschi di Pisa e Firenze. Immagini di manganellate indiscriminate contro ragazzi inermi, che pacificamente manifestavano la loro solidarietà al popolo palestinese e la loro condanna contro la guerra, hanno fatto il giro d’Italia, sollevando un’ondata di indignazione e preoccupazione.
Almeno 14 feriti, di cui 10 minorenni, tra cui una ragazza con il naso fratturato e un profondo taglio sotto l’occhio, è il bilancio inaccettabile di questa repressione inaudita. La pretestuosa giustificazione del Viminale con “difficoltà operative di gestione” non regge di fronte all’evidenza di una violenza gratuita e spropositata.
Le parole del Presidente Mattarella, che ha stigmatizzato le cariche definendole “inaccettabili” e ha ribadito che “l’autorevolezza non si misura con i manganelli”, rappresentano un monito doveroso alle istituzioni.
La risposta della società civile non si è fatta attendere: migliaia di persone sono scese in piazza a Pisa per condannare la brutalità della polizia e manifestare solidarietà ai feriti. La mobilitazione studentesca, con l’esposizione di striscioni contro la violenza delle istituzioni, è un segnale forte che la difesa dei principi democratici non può essere arginata.

L’Italia si trova ad un bivio: da un lato la deriva autoritaria che si manifesta nella repressione del dissenso, dall’altro la difesa strenua della libertà di espressione e del diritto di manifestare. Le cariche contro gli studenti sono un campanello d’allarme che non può essere ignorato.
È necessaria un’inchiesta immediata per accertare le responsabilità di questi atti di inaudita violenza e per evitare che tali episodi si ripetano. Il futuro della nostra democrazia dipende dalla capacità di tutelare i diritti fondamentali, a partire dalla libertà di parola e di dissenso.

Episodi come quelli di Pisa e Firenze non solo ledono i diritti fondamentali dei cittadini, ma hanno anche un effetto deleterio sulla partecipazione politica dei giovani. La brutalità della polizia contro manifestanti pacifici, la sensazione di essere repressi e non ascoltati, creano un clima di sfiducia e disaffezione verso le istituzioni.
I giovani, già disillusi da una politica spesso lontana dai loro problemi e bisogni, si sentono ancora più alienati quando vedono la violenza come risposta alle loro legittime proteste. Invece di essere incoraggiati a partecipare attivamente alla vita democratica del Paese, si sentono respinti, marginalizzati e picchiati.
Se la politica vuole davvero costruire un futuro migliore per l’Italia, dovrebbe investire nella partecipazione dei giovani. E la repressione sicuramente non è la via giusta.

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