La Pace: diritto o dovere?

di Ilenia Magazzino

Dalla battaglia di Turkana al conflitto russo-ucraino: quasi 10 mila anni di lotte. Una storia fatta di guerre

Nella storia dell’umanità è sempre esistito chi voleva prevaricare sugli altri pensando solo al proprio torna conto, ma contemporaneamente il suo stesso antagonista vegliava su di lui contrastandolo ogni qual volta volesse aumentare il suo potere a discapito degli altri.

Questa è l’esatta contrapposizione tra la voglia di Pace e di convivialità con gli altri, e la voglia di Guerra per imporre la propria forza; una metafora che racchiude anni e anni di storia di guerra in maniera perfetta…

Ma per capire meglio questa contrapposizione partiamo dal principio, cioè dalle radici dei due termini perennemente in lotta tra loro: la Pace è quello stato di buon accordo, armonia, concordia di intenti tra due o più persone, nei rapporti privati o anche nella vita sociale; mentre la Guerra è un conflitto tra Stati sovrani o coalizioni per la risoluzione, di regola in ultima istanza, di una controversia internazionale più o meno direttamente motivata da veri o presunti, ma in ogni caso parziali, conflitti di interessi ideologici ed economici.

Nel corso della Storia la concezione di questi due termini ha assunto vari significati; nell’antica Roma, per esempio, l’idea di pace era l’immagine riflessa di uno Stato debole che avesse paura di combattere per la propria patria e per la conquista di nuove terre per espandere il proprio dominio, infatti la guerra era per questi popoli l’esaltazione eroica della forza e delle virtù del “vir romanus” per eccellenza. Fortunatamente con il passare dei secoli l’esaltazione della guerra venne meno, poiché lo stato di quiete era divenuto un diritto inalienabile, ma nonostante ciò l’essere umano ha cercato sempre di riprendere quell’antica concezione di guerra dei romani.

Adesso la Pace è diventata una prerogativa di tutti gli Stati che mirano alla tutela dei diritti inviolabili dell’uomo (è inutile dire che c’è chi ancora non si cura di questo), infatti molte sono le Costituzioni o le leggi che salvaguardano il mantenimento della pace; vediamo alcuni esempi: a livello nazionale ritroviamo l’articolo 11 della costituzione italiana, a livello internazionale abbiamo l’obbiettivo 16 dell’agenda 2030 o l’articolo 1 della carta delle Nazioni unite. Insomma, possiamo definire la pace come il sinonimo del termine “diritto”.

Nonostante la Storia ci abbia insegnato, con le gravi conseguenze che ne sono derivate, che la guerra non porta a nulla di buono o di vantaggioso per l’uomo c’è ancora chi non la pensa in questo modo ed è il caso della guerra tra la Russia e l’Ucraina, che ha coinvolto tutto il mondo in questo 2022.

Ma questa crisi da dove nasce?

Tutto ha inizio nel febbraio del 2014 quando, dopo mesi di proteste, il popolo ucraino ha cacciato il presidente filorusso Viktor Yanukovich, che non voleva firmare il Trattato di associazione fra l’Ucraina e l’Unione europea, instaurando un governo ad interim filoeuropeo non riconosciuto da Mosca. Vladimir Putin rispose con l’annessione della Crimea, incoraggiando la rivolta dei separatisti filorussi nel Donbass.

Il conflitto, però, ha radici più antiche e profonde: il presidente russo riteneva che il suo Paese avesse un «diritto storico» sull’Ucraina, che faceva parte dell’Unione Sovietica fino al collasso del 1991.

Lo scorso anno, l’Ucraina ha approvato una legge che proibisce a 13 oligarchi di possedere dei Media per evitare di influenzare la politica, colpendo direttamente l’amico di Putin, Viktor Medvedchuck uno degli uomini più ricchi del mondo, leader del principale partito filorusso d’Ucraina, Piattaforma dell’Opposizione e proprietario di un impero televisivo attraverso il quale diffondeva la propaganda di Mosca e influenzava la politica ucraina. Poco dopo il suo arresto, Putin ha cominciato ad ammassare truppe al confine: per il leader del Cremlino la legge rappresentava un passo decisivo nel processo di avvicinamento dell’Ucraina all’Occidente e alla Nato.

Ma in tutto ciò la NATO quale ruolo gioca? L’ucraina voleva entrare a far parte della NATO già dal 2008, ma la Russia si oppose poiché temeva l’allargamento dell’alleanza. Questo timore era alimentato dal fatto che solo il 6% dei confini russi toccavano paesi della NATO, Putin dunque chiese una rassicurazione scritta riguardo il non ingresso dell’Ucraina nella NATO, richiesta che l’Alleanza atlantica non poté però concedere perché ne avrebbe violato il trattato, in particolare l’articolo 10. Il Cremlino voleva soprattutto mantenere la sua sfera d’influenza nell’area e voleva che la Nato rinunciasse alle sue attività nell’Est Europa, ciò avrebbe significato che l’alleanza avrebbe dovuto ritirare le proprie truppe dalla Polonia e dalle tre repubbliche baltiche, oltre che i propri missili da Polonia e Romania. Proprio per questo Mosca accusò la Nato di riempire l’Ucraina di armi e gli Stati uniti di fomentare le tensioni. Ed è così che il 24 febbraio del 2022 la Russia invade militarmente l’Ucraina, causando un conflitto che dura ancora oggi, provocando morte, distruzione e infelicità.  Numerose sono le testimonianze di tutta questa brutalità, di seguito riportiamo una delle tante interviste che hanno commosso l’intero mondo. Il 3 marzo Kateryna Tkachova, 18 anni, era nella sua abitazione di Vorzel insieme ai suoi genitori quando ha visto arrivare i carri armati russi con la lettera “Z”. La madre Nataliya e il padre Valeryi hanno lasciato la cantina dove si stavano nascondendo e sono andati in strada, chiedendo a Kateryna di rimanere lì. Lei dopo un po’ ha udito dei colpi d’arma da fuoco. Le parole della ragazza: “Dopo che i carri armati se n’erano andati via, ho scavalcato la recinzione della casa dei vicini per vedere se erano ancora vivi. Mia madre era a terra, sulla schiena, da un lato della strada; mio padre era dall’altro lato, a testa in giù. Si vedevano grandi fori sul suo cappotto. Il giorno dopo sono andata a recuperarli: mio padre aveva sei grandi fori, mia madre uno più piccolo all’altezza del petto.” I genitori di Kateryna erano in abiti civili e privi di armi. Il 10 marzo un volontario che si occupava delle evacuazioni dalle zone intorno a Kiev ha aiutato la ragazza a lasciare Vorzel. Il volontario ha riferito ad Amnesty International di aver visto i due corpi. In un video validato dall’organizzazione si vedono il volontario e Kateryna scrivere su due pezzi di cartone i nomi dei genitori, la data di nascita e quella di morte e deporli accanto ai corpi, su cui erano state adagiate delle coperte.

L’Italia fortunatamente non è rimasta in silenzio; si vanno via via definendo così i contorni della grande manifestazione di piazza a Roma, prevista per il 5 novembre: già 30mila persone hanno aderito nell’ultimo fine settimana alla mobilitazione collettiva che ha coinvolto oltre 100 città italiane e altre decine di migliaia si aspettano nella grande iniziativa che sabato porterà in piazza il multiforme “popolo della pace”. L’appuntamento avrà come cornice finale Piazza San Giovanni in Laterano a Roma.

L’obiettivo? Mettere al centro i contenuti della piattaforma su cui è stata convocata la manifestazione, che ha una chiara matrice apartitica: non saranno consentite infatti bandiere di parte. Le richieste sono note: fermare le armi subito, quindi dare ascolto alla voce unitaria “dal basso” delle istituzioni italiane, europee ed internazionali per giungere ad una vera conferenza multilaterale di pace. «L’Italia, l’Unione Europea e gli Stati membri, le Nazioni Unite devono assumersi la responsabilità del negoziato per fermare l’escalation e raggiungere l’immediato cessate il fuoco» spiegano i promotori. «Chiediamo al Segretario Generale delle Nazioni Unite di convocare urgentemente una Conferenza Internazionale per la pace, per ristabilire il rispetto del diritto internazionale, per garantire la sicurezza reciproca e impegnare tutti gli Stati ad eliminare le armi nucleari, ridurre la spesa militare in favore di investimenti per combattere le povertà e di finanziamenti per l’economia disarmata, per la transizione ecologica, per il lavoro dignitoso». Questo è il cuore della piattaforma “Europe for Peace”, che ha indetto la manifestazione nazionale e che in questo mese ha raccolto una marea di sigle del mondo associativo, cattolico e laico.

Dopo aver compreso le cause, le origini e le conseguenze che hanno portato a questa guerra, possiamo capire quanto sia importante il mantenimento della pace, che non deve essere intesa, in senso egoistico, come il compromesso dei vantaggi economici e politici tra nazioni, ma deve essere inteso come la pacifica coesistenza tra persone; tra cui i bambini che hanno il diritto di vivere nella loro spensieratezza, nella loro purezza; i giovani che devono pensare solo al loro futuro e non a combattere rischiando di morire invano; le famiglie che hanno il sacro santo diritto di vivere serenamente una vita tranquilla fatta solo di amore e rispetto reciproco. La guerra è solo il “giocattolo” delle potenze politiche per accontentare e acquietare le proprie pazzie e perversioni, non dà nessun vantaggio ed è disumana; si crede al fatto che la Storia non faccia commettere più gli stessi errori, ma sono convinta che in realtà, per questi tipi di personaggi, sia un “esempio” da seguire per far vedere chi “comanda”.

Pertanto, la pace è sì un diritto ma è anche un dovere del cittadino e soprattutto dello Stato, che serve a mantenere un clima di serenità tra popoli senza privare nessuno dei propri diritti e delle proprie libertà; la pace deve essere curata e alimentata, altrimenti rischia di cadere in secondo piano e noi abbiamo il dovere di imporci a chiunque cerchi di farlo per la propria sete inutile e ingiusta di potere.

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