Corte europea dei diritti umani: da Strasburgo quattro condanne per l’Italia. Persiste pericolo per la salute dei tarantini

Ida De Carolis

, Attualità

La CEDU (Corte europea dei diritti umani) ha emesso quattro nuove condanne nei confronti dello Stato italiano a causa delle emissioni dell’Ilva, responsabili di mettere a rischio la salute dei cittadini. Le condanne riguardano i ricorsi che sono stati presentati, tra il 2016 e il 2019, da alcuni dipendenti dell’impianto siderurgico e da più di 200 abitanti di Taranto e di alcuni comuni vicini.


Nelle sentenze emesse oggi si sottolinea che l’Italia è stata già condannata per lo stesso motivo nel gennaio 2019 e che da allora il caso Taranto è in esame davanti al comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, che dovrà verificare se il Governo ha messo in atto tutte le misure necessarie per salvaguardare la salute degli abitanti. Inoltre, evidenzia che l’anno scorso il comitato dei ministri ha stabilito che “le autorità italiane non avevano fornito informazioni precise sulla messa in atto effettiva del piano ambientale”: elemento essenziale per salvaguardare la salute dei cittadini rispetto all’attività dell’acciaieria.

“Siamo di fronte a una vergogna nazionale. – commenta Alessandro Marescotti, presidente dell’associazione Peacelink – E queste quattro condanne di oggi verso l’Italia sono la plastica evidenziazione di tutte le inadempienze dei Governi che si sono succeduti. Le quattro condanne di oggi della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) confermano Taranto come zona di sacrificio dei diritti umani, come l’ONU l’ha definita nel Rapporto del Consiglio dei Diritti Umani del 15 febbraio 2022. Ciò che attende la popolazione di Taranto è uno stillicidio di morti premature evitabili, quantificate predittivamente dall’OMS fra le 50 e le 80 unità in dieci anni. Il rapporto OMS è stato presentato il 21 gennaio scorso su richiesta della Regione Puglia. E, cosa preoccupante, tutto questo avverrà, secondo l’OMS, anche in presenza dell’attuazione di quelle prescrizioni ambientali che ancora non sono state completamente attuate. Nonostante ciò – continua Marescotti – Acciaierie d’Italia ha chiesto il dissequestro degli impianti. Noi ci opporremo al dissequestro. Possiamo parlare di Taranto come di un caso di razzismo ambientale in quanto la violazione dei diritti fondamentali avviene in una zona del Sud considerata area sacrificabile su cui scaricare ciò che altrove non sarebbe accettabile”.

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