Taranto anima fragile: la vita continua nell’indifferenza dello Stato

Ida De Carolis

, Attualità

A Taranto è morto un bambino di 11 anni che da tempo ormai lottava contro una forma di tumore molto rara.
L’ennesima anima fragile che ha pagato a caro prezzo la realtà in cui la nostra provincia sopravvive ogni giorno.

Ai funerali è stato devastante vedere i suoi amici aggrappati al carro funebre, pur di salutarlo per l’ultima volta.
Un’immagine catturata da uno scatto che ha fatto il giro del web e che sicuramente sarà arrivata anche a chi continua a ignorare la pandemia tarantina; sì perché nella città dei due mari le restrizioni esistono da anni e non per un virus ma per l’inquinamento: Wind Day e ordinanze che impediscono i bambini di giocare all’aperto sono all’ordine del giorno da tempo.
Una pandemia oncologica che ha portato Taranto alla ribalta nazionale, mettendo in evidenza l’incidenza che l’inquinamento ha sui bambini e non solo.

Una città così bella ma altrettanto fragile, su cui la politica nazionale e di qualsiasi schieramento continua ad applicare spietate tecniche industriali in cui la parola Vita non esiste.

Una città in cui i bambini sono il simbolo di una resistenza talmente forte tanto da lanciare messaggi altrettanto potenti e lo scatto del funerale di Vincenzo ne è la prova, in tutta la sua drammaticità.
Una città stanca ma disunita dalla stessa voglia di riscatto, una città che potrebbe tranquillamente sgomitare tra i giganti della cultura e del turismo ma che fa fatica a rivendicare questo ruolo.

Una città che ha detto basta ai veleni dell’inquinamento, ma che non riesce a trovare un modo per dirlo insieme e a voce unica, come se la tutela della salute appartenesse a una fazione piuttosto che ad un’altra.

Bisognerebbe prendere esempio dai compagni di Vincenzo e da tutti i bambini tarantini che, purtroppo, con la morte hanno imparato a conviverci da subito. Basterebbe questo per mettere da parte le divisioni e i personalismi, solo così, coesi e determinati, si potrà iniziare a imporre un’epoca “post”. Perché oltre all’era post-Covid vorremmo sentir parlare di un’era post-Ilva, solo così la curva pandemica tarantina inizierà la sua lenta discesa.

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