Calles con sangre, canchas sin fútbol

Andrea Nigro

, Sport

Quali sono state le nazionali di calcio egemoni dell’ultimo decennio? A primo impatto verrebbe a tutti di citare la Spagna campione del mondo e bicampione d’Europa, la Germania famelica vista in Brasile e la Francia campione del mondo in carica e vicecampione d’Europa.

Dopo queste, a mio avviso, va citata la nazionale cilena. Una squadra di giocatori di culto assoluto, che ha capitalizzato al massimo la fortuna di avere nel prime campioni come Claudio Bravo, Jorge Valdivia e soprattutto Alexis Sanchez ed Arturo Vidal, attualmente protagonisti nella nostra Serie A con la maglia neroazzurra dell’Inter. A questi calciatori si è unito un supporting cast di livello, con giocatori di medio livello protagonisti in vari campionati europei e sudamericani (Medel, Pinilla, Aranguiz, Edu Vargas) ed un “Mad Genius” come Jorge Sampaoli, allenatore visto poi a Siviglia, a guidarli con la consueta esplosività caratteriale degli allenatori sudamericani.

Nell’ultimo decennio il Cile ha vinto due edizioni consecutive della Coppa America, messo la parola fine sulla Generazione dorata della Spagna in una delle più belle partite dei mondiali di Brasile ed è andata ad un passo dall’eleminare proprio la compagine verdeoro nel turno successivo, perdendo la qualificazione a causa di una traversa di Mauricio Pinilla e un eroico Julio Cesar ai rigori.

Premiazione del Cile, dopo aver sconfitto l’Argentina ai Rigori nella finale della Coppa America del 2015

Nel calcio internazionale il Cile ha fatto il suo esordio nel 1962, come paese organizzatore dei Campionati del Mondo. Nel girone la Roja sudamericana fu sorteggiata con Svizzera, Germania Ovest e Italia. Dopo aver battuto gli elvetici i cileni affrontarono la nazionale azzurra: ne venne fuori una delle partite più violente della storia dei mondiali. La nostra stampa denunciò la povertà dilagante del paese e le piaghe sociali che lo attanagliavano, dando ai cileni un surplus di motivazioni. La partita, conosciuta come La battaglia di Santiago, fu una guerra tra cani, che i cileni si aggiudicarono grazie ad una doppia superiorità numerica. Il Cile superò l’URSS e fu sconfitto in semifinale dal Brasile, riuscendo comunque a conquistare il bronzo.

Proprio Cile e URSS sono le protagoniste della nostra storia: undici anni dopo i quarti di finale del mondiale cileno le due nazionali si dovettero affrontare nuovamente per qualificarsi al mondiale di Germania ‘74. Il 21 novembre 1973, Estadio National di Santiago, gara di ritorno dopo lo 0-0 di Mosca. Tutto quello che precede il fischio d’inizio è surreale: i sovietici non ci sono. L’Estadio National, infatti, è stato usato da Pinochet come campo di concentramento subito dopo la sua presa del potere, avvenuta l’11 settembre 1973.

Truppe militari all’interno dell’ Estadio National di Santiago del Cile

Per la FIFA, però, è tutto in regola, quindi non accettano le rimostranze sovietiche. Pinochet però, come Mussolini ed Hitler in passato, e come stava facendo Mobutu in Zaire (l’attuale Congo) aveva capito che lo sport può diventare uno strumento di propaganda importante per un regime. Il Generale, quindi, ordinò ai calciatori di scendere comunque in campo e di segnare un goal simbolico, un paradossale 11 vs 0, che certificò la qualificazione al Mondiale Tedesco.

In ottica di questa spinta propagandistica Augusto Pinochet decise di invitare i giocatori ad un evento pubblico di celebrazione, c’è un problema però, che ha un nome, Carlos, un cognome, Caszely, e un soprannome, come tutti i sudamericani, “Rey del metro cuadrado”. Caszely è una leggenda del Colo-Colo, il club più famoso del Cile, e, soprattutto, è notevole eversore del regime di Pinochet. Al momento delle strette di mano con il dittatore, Caszely incrociò le braccia. Pinochet provò a dissimulare ma la tensione fu palpabile, una presa di posizione pubblica, inaudita. Al mondiale Caszely partì riuscendo ad entrare nei libri di storia: è il primo calciatore ad essere stato espulso direttamente nella storia dei Mondiali.

Giornale Turco dedica un pezzo a Doğan Babacan, l’arbitro del rosso diretto a Caszely

Il Mondiale del 1974 è, a mio avviso, uno dei mondiali più belli di sempre. Basta dire che le due Germanie giocarono nello stesso girone, proprio quello del Cile. Fu il mondiale della fiaba e poi dell’incubo Zairiota, dell’Olanda del Calcio Totale e di altri miliardi di storie. La kermesse per il Cile durò giusto il tempo dei gironi, dove vennero eliminati.

La partita era appena cominciata, non quella calcistica, ma quella tra Caszely e Pinochet. Negli anni Ottanta in Cile fu votata una Costituzione, piuttosto abbottonata, usando un eufemismo, rispetto alle libertà fondamentali. Nel 1986, la crescente pressione internazionale a causa di numerosi crimini commessi dal regime cileno, in particolare in seguito all’omicidio di Rodrigo Rojas, linciato da alcuni militari per aver scattato delle foto, spinse l’amministrazione Reagan ad isolare il Cile. Proprio in seguito alla nuova costituzione, nel 1988, fu indetto un referendum che chiedeva ai Cileni di confermare al potere Pinochet per altri otto anni. Proprio in occasione delle votazioni la spinta di Caszely fu decisiva per la sconfitta del generale, permettendo al Cile di aprire una nuova epoca. 

Questa storia è importante poiché idealmente, rappresenta il prologo di ciò che sta avvenendo in questi giorni nel paese sudamericano. La pandemia non ha fermato la voglia di democrazia del Cile: poche settimane fa il popolo ha votato per la promulgazione di una nuova Costituzione, dopo mesi di lotte, anche violentissime, abbattendo tutti i privilegi della casta, retaggio del regime, che ancora segnavano il paese. Il Cile avrà una nuova costituzione che verrà redatta da una Assemblea costituente composta da 155 membri, eletti direttamente dal popolo, con uguaglianza di genere.

Calles con sangre, canchas sin fútbol (strade di sangue, campi senza calcio)

Lo slogan dei tifosi cileni

Le tifoserie Cilene, in uno spicchio di mondo dove il calcio viene vissuto con una spinta differente rispetto a quanto siamo abituati noi a vedere, hanno avuto un ruolo fondamentale nel processo di democratizzazione del paese.

Nel corso delle manifestazioni antigovernative, gli Ultras Cileni sono stati parte attiva delle rivolte. Manifestando più volte la loro contrarietà al governo uscente guidato del conservatore Sebastián Piñera, che sul selciato ha lasciato parecchi esponenti delle curve cilene, uccisi dai “carabinieros” sempre per legittima difesa (stando alle inchieste governative).

Non solo in Cile, le tifoserie sudamericane stanno avendo un ruolo importante in tutte le manifestazioni che negli ultimi mesi stanno segnando molti stati dell’America Latina: in Perù, dove il popolo ha a che fare con un contesto socioeconomico devastato, le contestazioni che hanno portato alla caduta del governo di Vizcarra e a quello di Merino, sono state macchiate dal sangue di due manifestanti: Inti Sotelo e Bryan Pintado. I calciatori Peruviani, in particolare il totem assoluto del loro calcio, El Barbaro Paolo Guerrero, capitano e proprietario di qualsiasi record con la nazionale, si sono espressi a favore delle manifestazioni. A sostegno dei manifestanti i primi a scendere in piazza sono stati i rappresentanti delle curve di tutte le squadre di Lima, uniti in un unico obiettivo.

Le tifoserie di Lima scendono in campo unite, con questo slogan:” Abbiamo perso molto tempo litigando tra di noi”

Ha fatto il giro del mondo la foto di un manifestante con indosso la maglia della nazionale peruviana di Gianluca Lapadula, centravanti del Benevento (ex Milan, Pescara, Lecce e Genoa), che proprio qualche giorno fa ha fatto il suo esordio con La Blanquirroja Los Incas, dopo aver giocato anche con la maglia della nostra nazionale.

Questi accadimenti, seppur siamo portati a vedere gli appassionati di calcio come dei rozzi, mi riportano sempre ad una frase di Josè Mourinho:” Chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio”. Il Calcio, citando Eduardo Galeano, “È l’unica religione che non conosce atei” e sarà sempre uno specchio fedele di ciò che accade nel mondo. Il calcio è uno dei pochi linguaggi universali che c’è, si gioca al Santiago Bernabeu e nei vicoli delle bidonville, e sarà vissuto, sempre e per sempre, con la passione, spesso irrazionale, che accompagna i grandi amori. Sin dal secolo scorso, in tutti i grandi cambiamenti del mondo, nel calcio è sempre successo qualcosa di strettamente connesso con il tessuto sociale e storico che stava vivendo il mondo. Carlos Caszely è stato un esempio ed ha tracciato un solco, che tanti altri hanno poi percorso e allargato e per questo sarà per sempre ricordato.

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