I cambiamenti climatici incidono sullo stato di benessere fisico ed economico delle comunità, con effetti particolarmente evidenti nel breve periodo per quanto riguarda la percezione del caldo e l’incremento di malori, soprattutto in soggetti caratterizzati da un certo grado di vulnerabilità. Come stiamo già osservando, l’aumento medio delle temperature influenza anche lo stato di salute delle coltivazioni agricole e delle nostre spiagge.
In questa seconda parte dell’intervista al Professor Piero Lionello (la prima parte dell’intervista), troverete risposte su alcuni temi che riguardano la sfera ambientale e politica con un passaggio sulle azioni che i cittadini possono mettere in campo per contrastare i cambiamenti.
Quali saranno gli impatti sulle zone costiere?
Le zone costiere, in particolare le coste basse e le piccole isole, sono comprensibilmente a rischio per effetto del livello del mare. Nelle prossime decadi, in Puglia l’erosione delle coste causata dall’aumento del livello del mare rischia di determinare la scomparsa di numerose piccole spiagge. In molti casi il rischio di scomparsa è aumentato dalla presenza di barriere come strade e insediamenti che impedisce il naturale spostamento dei sistemi costieri per adattarsi al livello del mare. Gli insediamenti stessi e le strutture sono a rischio e richiedono a loro volta continui interventi di manutenzione e protezione che con l’aumento del livello del mare diventano sempre più costosi. La programmazione dell’utilizzo delle zone costiere è un elemento fondamentale per ridurre i rischi. Ci si attende nei prossimi secoli un aumento del livello del mare che, se non si riesce a interrompere l’aumento dell’effetto serra, sarebbe di parecchi metri. In tal caso sarebbero richiesti interventi su grande scala e anche la ricollocazione di insediamenti, attività produttive e strutture che sono attualmente in prossimità del livello del mare.
L’agricoltura è uno dei settori trainanti della nostra regione, a quali rischi è esposta e quali potrebbero essere i danni? In questo senso, lei immagina la possibilità di una qualche forma di adattamento del comparto per poter fronteggiare al meglio i cambiamenti climatici?
L’agricoltura è chiaramente un settore dove gli effetti dei cambiamenti climatici sono più immediati e marcati. L’aumento della temperatura e la diminuzione delle risorse idriche, con suoli che tendenzialmente diventeranno sempre più soggetti a siccità e potenziale aumento della necessità di irrigare le colture, pone a rischio molti raccolti e pratiche agricole. Al tempo stesso l’agricoltura è un settore in cui risparmio idrico, diminuzione delle perdite e maggior efficienza dell’irrigazione, selezione di culture adatte al nuovo clima, sviluppo di nuove varietà, offrono grandi possibilità di adattamento.
In che modo è possibile rallentare i cambiamenti climatici in atto, spesso si sente parlare di misure di mitigazione, concretamente cosa si intende?
La mitigazione consiste nella riduzione dell’entità del cambiamento. La mitigazione è fondamentale per ridurre i costi dell’adattamento al clima che cambia e per contenere i rischi residui, cioè quelli che le strategie di adattamento non possono ridurre con efficacia. In base alle tecnologie attualmente disponibili, la mitigazione consiste principalmente nella riduzione dell’uso di combustibili fossili e l’utilizzo di fonti rinnovabili per la produzione di energia. Contribuiscono in modo significativo alla mitigazione la maggior efficienza nell’utilizzo dell’energia, la riduzione degli sprechi, il concetto di sostenibilità applicato a trasporti, pratiche agricole, centri urbani e attività industriali. Il carbonio è estratto dall’atmosfera dagli ecosistemi terrestri e marini, che assorbono il 70% del carbonio introdotto in atmosfera per uno scenario a basse emissioni. Tuttavia, questa capacità si riduce al 40% per uno scenario con emissioni molto alte. Questo mostra l’importanza da un lato di ridurre le emissioni per consentire ai sistemi naturali di agire con efficacia e dall’altro di tutelare i sistemi naturali per garantire la loro capacità di assorbire carbonio.
Le misure di mitigazione richiedono grandi investimenti e volontà decisionale da parte della politica?
Non tutte le conseguenze negative dei cambiamenti climatici sono monetizzabili e numerose valutazioni economiche sono oggetto di controversie e intrinseche incertezze. Personalmente ritengo importante essere molto cauti nel tradurre tutto in denaro anche se questo può essere l’approccio più immediato per decisori politici ed economisti. Nelle decisioni delle autorità politiche intervengono molteplici attori sia del mercato industriale che dei settori produttivi e i cittadini, che hanno un ruolo fondamentale sia con le loro scelte nei consumi e nei comportamenti che come elettori.
Quale scenario futuro considera più plausibile?
Mi sembra presente, almeno in molti paesi occidentali, un’attenzione che in precedenza non c’era su problemi ambientali e la consapevolezza che senza una grande attenzione per lo sviluppo sostenibile ci troveremo di fronte a gravi rischi. La ricerca scientifica mostra senza dubbio che, se non agiamo ora, le future generazioni dovranno gestire un pianeta molto diverso da quello attuale con rischi che fino ad ora l’umanità non ha mai affrontato. L’esperienza passata mostra purtroppo che le azioni di governanti e parti interessate seguono sempre un evento disastroso che determina una forte reazione dell’opinione pubblica. Mi sembra verosimile che all’aumentare delle evidenze dei cambiamenti in atto e a seguito di qualche grave crisi, mitigazione e adattamento verranno implementati su grande scala.