Ci sono flaconi di crema protettiva anni ‘60, buste di patatine con scadenza 1983 ma anche lattine di Coca Cola anni ‘70 e misteriosi clown giocattolo. Non è un film di fantascienza ma è Archeoplastica, un’esposizione on line, fisica e itinerante di materiale plastico rinvenuto nelle spiagge italiane, alcuni dei quali risalenti agli anni sessanta.
L’idea è di Enzo Suma, guida naturalistica e fondatore di Millenari di Puglia una realtà dell’alto Salento impegnata nella fruizione, nella valorizzazione del territorio, nell’educazione ambientale e anche nel volontariato naturalistico.
Enzo, come lui stesso si definisce, è un accanito raccoglitore di plastiche spiaggiate. Proprio durante queste raccolte ha avuto l’idea di sfruttare i tantissimi rifiuti spiaggiati, che hanno anche più di cinquant’anni, per portare l’osservatore a riflettere da un’altra prospettiva sul problema dell’inquinamento della plastica nel mare.
Un museo virtuale dove osservare una selezione di reperti arrivati dal mare, acquisendo varie informazioni, e tante mostre, fisiche, reali, dove poter vedere con i propri occhi ciò che il mare ci restituisce.
Archeoplastica prova anche a ricostruire e a raccontare le storie, a volte incredibili, che si celano dietro agli oggetti che, dopo un lungo viaggio, vengono raccolti in spiaggia.
“Raccogliendo plastica in spiaggia da diversi anni – racconta Enzo Suma sul sito www.archeoplastica.it – posso dire di averne viste di tutti i colori. Il mare restituisce quello che noi vi buttiamo dentro ma non restituisce tutto. Purtroppo gran parte dei rifiuti che in qualche modo arrivano al mare non galleggiano per sempre. Prendiamo ad esempio – continua – un classico flacone dei detersivi, galleggerà per un po’ di tempo, dopo si ricoprirà pian piano di incrostazioni o di crostacei che lo appesantiranno. Magari si riempirà d’acqua nel tempo e infine andrà affondo. La maggior parte di quell’enorme quantità di rifiuti buttati in mare giace sul fondale. Pensate che è stata trovata plastica persino nella Fossa delle Marianne a 11 km di profondità”.
Tanti oggetti, alcuni anche davvero particolari. Come le piccole rotelline traforate che servono per far attecchire i microrganismi che si occuperanno poi della depurazione dell’acqua. Ma anche, con una certa frequenza essendo tra i 10 rifiuti più presenti sulle spiagge europee, gli applicatori per gli assorbenti interni. Se ne trovano così tanti che Ella Daish, un’attivista britannica che si batte per indurre i rivenditori e i produttori di prodotti per l’igiene mestruale a rimuovere la plastica contenuta nelle confezioni e negli applicatori di assorbenti interni, ne ha realizzato uno gigante utilizzandone ben 1200 ritrovati nei fiumi e sulle spiagge.
Archoplastica non è solo un Museo, ma un’esortazione per smuovere le coscienze e spingere l’uomo a riflettere sulle proprie azioni, a renderlo consapevole di quanto un gesto possa fare la differenza e incidere sull’ecosistema.