Enzo Pilò dell’ Associazione Babele Grottaglie: l’immigrazione e il Governo delle tre carte

Nonostante la campagna mediatica da parte delle forze di maggioranza e il gioco delle parti dell’opposizione, ci sembra che ben poco sia cambiato nel governo delle politiche dell’immigrazione e vogliamo proporre una riflessione sugli effetti della 130/2020 sul sistema di accoglienza, se quanto abbiamo capito è corretto:
Il SAI (sistema accoglienza e integrazione) esclude dai servizi di integrazione i richiedenti protezione internazionale.
Abbiamo posto al Servizio Centrale un quesito riguardante l’erogazione dei servizi ai richiedenti in accoglienza in SIPROIMI antecedentemente all’entrata in vigore del decreto e ci è stato confermato che questi, purtroppo, possono essere erogati solo fino al 31 dicembre 2020.

Non abbiamo, ad oggi, notizie relativamente all’erogazione dei servizi per l’integrazione ai minori non accompagnati richiedenti asilo. Di qui il nostro sconcerto principalmente per due motivi:


1) la dichiarata intenzione del Governo di superare il sistema di accoglienza straordinario conosciuto come CAS, in realtà si materializza nella trasformazione del sistema ordinario in un esteso sistema CAS;
2) questo tipo di organizzazione è teso a impedire ai pochi richiedenti protezione che riescano a giungere in Italia (a causa della assenza di missioni di salvataggio e delle prassi formali e informali di respingimento ai confini) di accedere a forme di riconoscimento diverse da quella internazionale, in quanto è loro impedito di costruire un percorso di inclusione nell’attesa che si sia definita la loro posizione giuridica, vanificando anche l’estrema possibilità riconosciuta dal decreto all’articolo 1 “….non sono altresì ammessi il respingimento o l’espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l’allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare…. Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato, del suo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale…”.

Leggendo il testo e incrociandolo con le prassi e le disposizioni relative a quanto disposto sulle misure all’integrazione, ne consegue che formalmente viene in qualche modo ripristinato il riconoscimento della protezione per coloro che abbiano svolto un percorso di integrazione, ma di fatto si impedisce alle persone di poterlo praticare, in quanto non potranno essere inseriti in tirocini formativi o borse lavoro. Rimane loro l’unica strada del lavoro sfruttato nelle campagne, in preparazione dell’espulsione dal circuito dell’accoglienza, per andare a popolare i ghetti. Un sistema, quindi, funzionale al lavoro nero, allo sfruttamento e agli interessi della malavita organizzata.


Per concludere: se è vero che alcune misure positive siano presenti nel decreto, quali la possibilità di conversione per motivi di lavoro di vari permessi di soggiorno, rimane un grosso buco nero sulle politiche dei respingimenti e della effettiva possibilità di esercizio dei diritti per le poche persone che riescono a sfuggire al filtro delle frontiere.

Ci attendiamo, a questo punto, delle precisazioni da parte del Ministero in merito ai dubbi esposti e, soprattutto, un serio intervento di modifica in fase di conversione del decreto.

Enzo Pilò, Babele aps

Foto@Massimo Sestini

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