Ieri la Corte d’Assise di Taranto, attraverso i suoi giudici, ha emesso la sua sentenza rispetto al processo “Ambiente svenduto”: tutti colpevoli e confisca degli impianti, decretando così quello che i cittadini negli anni hanno denunciato.
La fabbrica uccide!
Condanne esemplari per il management aziendale, per la politica e per i dirigenti degli enti di controllo; una storia durata 9 anni quando in quel 26 Luglio 2012 il gip Patrizia Todisco ordinava il sequestro e lo spegnimento degli impianti pericolosi, attraverso un’indagine epidemiologica senza scampo e certificata in seguito dall’Istituto Superiore della Sanità che metteva nero su bianco il dramma sanitario della nostra provincia.
Da quel momento abbiamo assistito a tutta una serie di scene carnevalesche che hanno prodotto inganni, strumentalizzazioni, campagne elettorali e stanziamento di fondi pubblici a favore della continuità produttiva.
Tutto avvallato da una classe politica zerbino, rispetto alla fabbrica e ai suoi interessi, e per la quale sono stati emessi 12 decreti e uno scudo penale che blindava in una botte di ferro chi continuava a inquinare.
Nove anni in cui i maggiori partiti di governo erano, e lo sono tutt’ora, allineati verso un’unica strategia: consolidare la continuità produttiva dando un’importanza marginale alla questione sanitaria.
Onestamente fa ribrezzo l’ipocrisia con la quale, adesso, molti esponenti del PD (partito in prima linea nella difesa della famigerata produzione) salgono sul carro dei vincitori.
Quel carro appartiene solo alle tante associazioni, comitati e cittadini che hanno battagliato in tutti questi anni.
Dove erano questi eroi della politica quando il loro partito legava le mani alla magistratura a suon di decreti? E dove erano quando i cittadini scendevano in piazza per rivendicare ciò che i giudici hanno sentenziato?
Ieri hanno vinto i cittadini, associazioni e comitati che in tutti questi anni non si sono mai arresi e hanno continuato a lottare a proprie spese, sacrificando sia la loro vita privata che il loro posto di lavoro.
Ci vorrà del tempo, perché siamo ancora al primo grado di giudizio di una sentenza epocale, ma adesso la Politica da destra a sinistra non potrà più continuare a raccontare la favoletta della riconversione impiantistica, semplicemente perché non è fattibile.
La linea di demarcazione oltre la quale non si può più tornare indietro è stata fissata ieri, da un pool di giudici donne che hanno dato ragione alla procura ionica confermando l’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari e all’omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro.
È ora di schierarsi o a favore della salute e fermare gli impianti killer o a favore di quelle politiche industriali che hanno reso la nostra provincia una polveriera dal punto di vista sociale ed economico. Cassaintegrati, morti e malattie vanno a braccetto in questa terra e se questo è avvenuto è per mano di gente senza scrupoli che nella politica ha trovato il suo appoggio.
Nessun altro decreto o stanziamento pubblico potrà ancora essere giustificato se non per fermare quanto disposto dai giudici tarantini, nessun’altra proposta demagogica sarà più accettata se non quella che preveda una riprogrammazione occupazionale del nostro territorio.
Siamo in una fase in cui il “sistema Ilva”, e tutto ciò che ne comporta, deve essere superato partendo dal presupposto basilare ed imprescindibile secondo cui l’intera provincia ionica esprime la volontà di uscire fuori dall’impasse salute-lavoro.
Oramai, è forte la necessità di portare la discussione ad un livello superiore per lasciare spazio e libertà a quelle comunità che hanno già dato troppo e che negli anni sono state soffocate da giochetti decisi sottobanco.
Il tempo della rendita si è concluso, ora serve incidere diversamente!
Foto: Ansa