Morti nell’alternanza scuola-lavoro, gli studenti invadono le piazze italiane

In queste settimane le strade e le piazze dell’Italia intera sono state percorse dagli studenti e dalle studentesse che, fianco a fianco, chiedono al Governo di abolire il sistema alternanza scuola-lavoro.

Un vero e proprio sistema, ben strutturato ed organizzato con leggi che si rifanno a quello dell’economia neoliberale. Con tanto di competizione non tra le aziende, ma tra gli studenti ed il loro stesso futuro.

“Se fai esperienza, hai più possibilità di farti conoscere e forse di lavorare”, ormai è diventato un mantra che purtroppo è entrato nella vita di tutti, ma che deve indurci a riflettere e a manifestare esattamente come gli studenti.

Perché la verità è che l’Italia vive la crisi del lavoro da decenni ed i governi che si sono succeduti nel tempo non hanno mai messo in piedi un piano che potesse risolvere il precariato, anzi sono fioccati i contratti da fame, gli stage gratis, la corrosione delle forme di tutela sul lavoro e la conseguente spersonalizzazione dello stesso.
È stato sviluppato un piano realizzato su misura per svuotare il concetto di lavoro, impoverirlo, renderlo addirittura appetibile quando le opportunità di lavoro sono pari a zero, alzando l’asticella della competizione, tra chi si becca l’ultimo brandello rimasto e chi no.

Tutto è iniziato col Governo Berlusconi nel 2003, con l’allora Ministra all’istruzione Letizia Moratti, passando attraverso il secondo Governo Berlusconi con la riforma Gelmini e consolidandosi col Jobs Act del Governo Renzi, sino ad arrivare alla legge di bilancio del 2019, nella quale, per nascondere un obbrobrio, il nome dell’alternanza scuola- lavoro è diventato Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (PCTO).

In questo contesto si inserisce Il sistema alternanza scuola-lavoro, che non può più essere giustificato con l’idea dell’andare al passo con i tempi, perché i tempi della scuola non possono essere paragonati ai tempi o, meglio ancora, alle tempistiche aziendali e del fare impresa.

Le manifestazioni sono frutto di una forte esigenza che gli studenti e le studentesse sentono e su cui bisognerebbe riflettere. Questo perché oggi vengono confusi i piani e i ruoli tra ciò che la scuola dovrebbe essere e ciò che l’azienda è.

La scuola è un’istituzione e il suo compito privilegiato deve essere quello di sviluppare coscienze e menti in grado di riflettere, di accogliere e rendere propria la cultura in senso ampio. Tuttavia, le scelte politiche hanno ridotto la scuola in un’estensione degli uffici di collocamento e in una sorta di impresa che produce manodopera a costo zero.

Come Sud in Movimento riteniamo che il lavoro sia una cosa seria e dignitosa e che debba essere trattato dalle imprese come tale.
La politica tutta, è ormai supina alla volontà dei grossi gruppi di potere, Confindustria in primis, e antepone, dopo aver versato lacrime di coccodrillo, gli interessi di pochi al benessere di tutti.

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