I libri di storia racconteranno questo particolarissimo 2020.
Nel febbraio dello scorso anno, quando il primo caso Covid è stato registrato, nessuno avrebbe immaginato quello che sarebbe accaduto da lì a poco, da quel momento le nostre vite sono cambiate ed ancora oggi siamo lontani da quella normalità che probabilmente riassaporeremo solo alla fine di quest’anno.
La pandemia ha fatto emergere quella fragilità che è in noi, una fragilità dettata dalla non conoscenza di una condizione che avrebbe stravolto tutta la società mondiale come mai avremmo potuto pensare.
Tra qualche anno, potremo forse stabilire se le scelte fatte dai governi abbiano potuto incidere sull’andamento del contagio, ma sicuramente quello che emergerà sarà il fallimento degli organismi internazionali.
Tuttavia, in questo contesto, solo l’Ue ha assunto decisioni atte ad affrontare le conseguenze economiche derivanti dall’emergenza sanitaria per tutti i paesi membri, mentre parallelamente gli stessi Stati hanno adottato scelte atte solo a salvaguardare gli interessi nazionali, escludendo una qualsiasi forma di collaborazione internazionale.
Ed allora, con questa autonomia decisionale chi ha vinto? Nessuno. E le conseguenze quali sono? Emergenza sociale, economica e culturale.
Serve una scelta di responsabilità comune per uscire da questa crisi che non è solo economica, con la consapevolezza che quanto successo adesso potrebbe verificarsi nel prossimo futuro. Solo la programmazione e la pianificazione delle decisioni potrebbe evitare quello che abbiamo visto in questo ultimo anno.
Partendo da ciò, l’unica scelta è quella di accorpare, ancor di più, le competenze in carico all’Europa e far sì che le decisioni siano collegiali e riguardino molti aspetti della nostra vita quotidiana.
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