8 marzo 2022: no mimose, ma diritti e libertà

Ida De Carolis

, Attualità

La chiamiamo ancora “Festa della Donna” ma sarebbe più giusto chiamarla con il suo nome: Giornata Internazionale dei diritti delle donne, proprio perché non c’è nulla da festeggiare ma dovrebbe essere un momento di riflessione sulle conquiste, in termini di diritti ed emancipazione, ma anche e soprattutto delle discriminazioni, delle penalizzazioni e delle violenze che le donne ancora oggi subiscono.

Le parole sono importanti, e l’8 marzo non è la “festa della donna. È una giornata di lotta e rivendicazione dei propri diritti.
Non può essere una festa se ci sono ancora donne che durante un colloquio di lavoro devono chiarire se hanno famiglia e se intendono avere figli. Non potrà mai essere una festa se ci saranno ancora donne che dovranno giustificare il loro abbigliamento dopo uno stupro. Non sarà mai una festa finché ci saranno donne molestate, picchiate, umiliate, stuprate e uccise.

Una celebre frase del filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein dice che “i limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo”. Non sarà ancora una festa se continueremo ad avere difficoltà nel declinare al femminile i nomi che indicano i titoli istituzionali, politici o professionali di una donna. Se nel nostro linguaggio la Sindaca, l’assessora, la presidentessa non esiste, nel nostro mondo quella figura non esisterà mai.

Non sarà mai una festa se a parlare di diritti delle donne saranno uomini. Come hanno ben osservato Karen Ross, professoressa di Gender e Media presso la School of Arts and Cultures della Newcastle University, e Cynthia Carter, co-fondatrice della rivista Feminist Media Studies, “se quello che vediamo e leggiamo e ascoltiamo sono voci maschili, prospettive maschili, notizie maschili, [allora] le donne continueranno a essere inquadrate come osservatrici passive piuttosto che cittadine attive”.


Il problema continua ad essere di tipo culturale in un paese intriso da pregiudizi mai sfatati. Quindi, cosa dovremmo festeggiare? Ipocrisia? Diritti non accessibili, diritti negati, ingiustizie, prevaricazione e differenze sociali, politiche e culturali di genere?
Oggi, come negli altri 364 giorni dell’anno, dobbiamo continuare a parlare di donne e rivendicare diritti e libertà.

Foto: Non una di meno

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