Affossato, o sarebbe più giusto dire, decapitato. Il DDL Zan si ferma al Senato, fermato appunto dalla “tagliola”.
Una giornata triste che vede ancora una volta il nostro Paese incapace di fare quel passo in più di civiltà e votare una norma per contrastare l’omobitransfobia, l’abilismo e la misoginia.
Ed è stato fermato da un giochetto procedurale previsto dall’art. 96 del regolamento del Senato in base al quale “prima che abbia inizio l’esame degli articoli di un disegno di legge, un senatore per ciascun Gruppo può avanzare la proposta che non si passi a tale esame”. La richiesta di procedura speciale, che di fatto impedisce l’esame di un provvedimento, è stata presentata da Fratelli d’Italia e Lega. Giudicata ammissibile, è stata votata ed approvata con voto segreto. Ora, il disegno di legge torna in commissione giustizia da dove, con ogni probabilità, non ritornerà più a galla.
L’Italia resta tra le pochissime nazioni a non avere una legislazione ad hoc, insieme a Bulgaria e Repubblica Ceca. E non può non balzare agli occhi come la nostra Nazione vacilli quando si tratta di decidere sui diritti civili. Penso ad esempio alla legge sull’eutanasia ed al percorso, non poco tortuoso, di quella sulla fecondazione assistita.
Ma quello che più colpisce e lascia davvero atterriti è il lungo applauso, le urla da stadio di una parte del Senato al termine del conteggio. Un oltraggio, una sberla in pieno viso alle tante persone che chiedevano solo rispetto e tutela da parte dello Stato. Quello Stato che dovrebbe garantire sicurezza contro discriminazioni e violenze a tutt*.