Lavorare otto ore al giorno con la paura di svenire all’improvviso perché sfiancata dai dolori. Questa è la vita da circa 20 anni di Sole (nome di fantasia). 39 anni, tre volte in sala operatoria per endometriosi IV stadio, numerose aderenze sparse tra ovaie, intestino, tube di Falloppio e utero e 20 anni di pochissimi passi in avanti della ricerca scientifica sulla malattia. Dai 18 anni nella sua borsa non mancano mai antidolorifici e antinfiammatori diventati come il classico lucidalabbra per tutte le donne.
Sole è convinta che lei di endometriosi ci è nata. Ha cominciato ad accusare i primi sintomi “tipici” della malattia al primo ciclo mestruale, dai 14 ai 18 anni gli accessi al pronto soccorso sono stati svariati con le diagnosi più disparate: dalle coliche renali, alla lombosciatalgia, Herpes Zoster, sino ad arrivare a problematiche neurovegetative.
Ma cos’è l’endometriosi?
È una patologia cronica benigna ma che si comporta perfettamente come un tumore. L’endometriosi è caratterizzata dalla presenza di focolai di tessuto endometriale in sedi anomale (ovaie, intestino, vagina, vie urinarie, retto) o nella parete muscolare dell’utero.
Quali sono i sintomi? Dolori lancinanti. Dolori pre-mestruali e mestruali, dolori durante i rapporti, dolori addominali, mal di schiena, disturbi urinari, malessere generale, presenza di sangue nelle urine o nelle feci. Sintomi che si aggravano con l’estendersi della patologia.
Complicazioni? Dalla presenza di endometriosi possono derivare due importanti complicanze: la sterilità, che è la complicanza più frequente, e la degenerazione maligna dell’endometrio ectopico, che è più insolita.
È una malattia senza causa, senza cura e che porta con sé un ritardo nella diagnosi di circa 10 anni. Una limitata consapevolezza e conoscenza della patologia è causa del grave ritardo diagnostico.
Venti anni fa – racconta Sole – quando il mio ginecologo cominciò a parlare di endometriosi i suoi colleghi lo consideravano un pazzo. Quando entrai la prima volta nel suo studio avevo una diagnosi di cisti ovarica. Lui invece, dopo aver ascoltato i miei 4 anni di sofferenze, le mie cistiti ricorrenti, la febbre durante l’ovulazione ed il ciclo, non ebbe alcun dubbio. Endometriosi! Dopo 15 giorni ero in sala operatoria. Dai 18 ai 29 anni ho vissuto la mia vita senza ciclo mestruale (menopausa farmacologica) ed in sala operatoria ci sono ritornata altre due volte.
Qual è la difficoltà maggiore che hai dovuto affrontare in questi anni?
Sicuramente il dolore è il problema maggiore. Ma la difficoltà più grande è spiegare i tuoi dolori. In famiglia, sul posto di lavoro, con gli amici, con il tuo partner è davvero difficile spiegare come all’improvviso tu sia piegata in due dai dolori, senza respiro. Non riesci a muoverti perché ogni minimo movimento aumenta esponenzialmente il dolore. Miliardi di volte mi sono sentita dire che la mia soglia del dolore probabilmente era troppo bassa, che avere dolori durante il ciclo era normalissimo. Oppure dover spiegare al tuo incredulo medico di base che avevi bisogno di un certificato di malattia perché non riuscivi ad alzarti dal letto per quanto erano forti i dolori.
Hai dovuto rinunciare a qualcosa?
A parte giorni e giorni di lavoro, ad un quantitativo X di soldi, non più quantificabile, tra visite di controllo ogni sei mesi, esami ematici per la ricerca dei marcatori specifici della malattia, ecografie, risonanze magnetiche, ormoni, medicinali ed una componente psicologica e di insicurezza non valutabile: sì direi proprio che a qualcosa ho dovuto rinunciare. In cambio però, con una percentuale pari allo zero di probabilità di restare incinta, ho il dono più grande che la vita possa avermi concesso: mio figlio.
Come mai una patologia così invalidante non è esentata dal Sistema Sanitario Nazionale oppure inserita nelle tabelle dell’INPS di invalidità?
In realtà l’endometriosi è inserita nell’elenco delle prestazioni sanitarie garantite, peccato però che è possibile chiedere l’esenzione all’ Asl soltanto per diagnosi di terzo e quarto stadio. Ad oggi che io sappia non esiste la possibilità di chiedere permessi retribuiti riconosciuti ad esempio come dalla legge 104.
In Italia sono 3 milioni le donne affette da endometriosi ma la cifra è sottostimata proprio perché c’è una diagnosi tardiva della patologia. Sono tante le associazioni che da anni, in prima linea, aiutano e sostengono le donne diffondendo informazioni sull’endometriosi, prima fra tutte la Fondazione Italiana Endometriosi che ha dichiarato come nel mondo i fondi destinati alla ricerca sull’endometriosi siano circa 200 volte inferiori di altre malattie croniche.
È di qualche settimana fa la notizia che il Ministero della Salute ha finanziato con 450mila euro l’IRCCS “Burlo Garofolo” di Trieste per un progetto triennale che indagherà le cause genetiche e ambientali dell’endometriosi. Il progetto si propone di studiare, in un gruppo di circa un centinaio di donne che soffrono di endometriosi, in cura presso la clinica ostetrica e ginecologica diretta dal professor Giuseppe Ricci, una correlazione genotipo-fenotipo per vedere quali varianti genetiche siano legate all’insorgenza della patologia e all’entità della sintomatologia. Il profilo genetico e fenotipico di queste donne sarà confrontato con quello di un gruppo di controllo di soggetti sani per valutarne le opportune differenze.
È un’ottima notizia – commenta Sole – In questi anni le promesse di fondi alla ricerca sono state tantissime come i disegni di legge per la maggior tutela delle donne con endometriosi. Per non parlare della costituzione dei vari osservatori regionali dei quali su alcuni, Puglia solo per citarne uno, non si hanno più notizie da anni.
Le priorità quali sono per una donna con diagnosi di endometriosi?
Potrà sembrare strano ma le mie personali priorità in questo momento non sono il riconoscimento dell’invalidità o l’esenzione ticket. In questo momento urge lo stanziamento di fondi per la formazione e l’aggiornamento del personale del personale medico. Abbiamo necessità di medici specializzati in chirurgia laparoscopica ed occorre ricerca. Non è normale vivere con l’ansia che il tuo ginecologico, come è giusto che sia, un giorno decida di andare in pensione. L’ansia di dover ricominciare il tuo percorso da capo, la preoccupazione di non essere compresa nuovamente e ritornare ad essere la donna invisibile con una bassa soglia del dolore.
I riflettori dovebbrero finalmente accendersi su questa patologia che colpisce 1 donna su 10 in età fertile. Sono numerosi i gruppi che si possono trovare nei social network con lo scopo di dare supporto alle donne colpite da endometriosi. Una patologia che ha importanti risvolti non solo fisici ma anche psicologici e relazionali che incidono sul benessere mentale e sociale di queste donne. Riprendendo una dichiarazione del dott. Pietro Giulio Signorile, presidente della Fondazione italiana Endometriosi – “è necessario aumentare la conoscenza sulla malattia al fine di renderla di pari dignità rispetto alle altre malattie sociali, per ridurre le differenze tra le malattie croniche e di genere”.