Ma Gertrude Rainey, nome d’arte di Malissa Nix Pridgett, è stata una delle prime cantanti blues di professione definita la “Madre del Blues”, aprendo le porte a tutte le donne nere che in seguito si sono dedicate a questo genere di musica, tra le tante Bessie Smith.
Nata nel 1886 a Columbus, in Georgia, Ma Rainey è stata una delle prime a registrare la sua musica, il blues. Per chi non conoscesse il genere, il blues è nato nel tardo Ottocento al tempo della liberazione dei neri dalla schiavitù e affonda le proprie radici nella cultura africana. È la storia dell’identità afroamericana, ha dato voce alle anime ed era una valvola di sfogo che ha permesso ai neri di raccontarsi al mondo. Dato che la storia di questi non sarebbe mai stata scritta sui libri, il blues la racconta affinché nessuno la dimentichi.
Fu la musica della Grande Migrazione, la musica che i neri portarono dalle piantagioni agricole, dai campi ai centri urbani. Il blues specifica, secondo alcuni dei suoi testi, che “non sarò mai uno spettatore passivo della mia vita”, oppure “la mia vita sarà ribellione. E in quella ribellione sarà la mia gioia”, il blues appartiene alla storia dei neri americani.
Ma Rainey esordì con il Vaudeville e con il circuito dei Minstrel Shows, quelle furono le sue porte di ingresso. Il suo blues pieno di sfida, non nacque dalla disperazione, rifiutava le norme sulla condotta delle donne, esigeva di essere pagata in anticipo, pagava la sua band e in cambio imponeva rispetto. E lo otteneva! Perché sapeva di avere talento, il suo blues richiedeva tempo e fatica e doveva essere pagata adeguatamente.
Registrò più di cento canzoni, tra le quali i classici “C.C. Rider”, “Jelly Bean Blues”, “Ma Rainey’s Black Bottom”.
Il più importante drammaturgo afroamericano, August Wilson, scrisse una serie di opere teatrali sulle vite degli afroamericani dell’America del Nord e nel 1984 debuttò con “Ma Rainey’s Black Bottom”, nella quale affrontò il tema dello sfruttamento economico e artistico di cantanti e musicisti di colore da parte di produttori discografici bianchi, raccontando della “Madre del Blues.”
Nel 2020, con un adattamento del regista George W. Wolfe, prodotto da Denzel Washington e distribuito da Netflix, esce “Ma Rainey’s Black Bottom”. Il film, candidato oggi agli oscar 2021, ha interpreti di rilievo: da Viola Davis nel ruolo di Ma Rainey, a Chadwick Boseman, Glynn Turman, Colman Domingo e Michael Potts.
Il film è ambientato in un’afosa giornata estiva a Chicago nel 1927, dove i quattro musicisti, il trombonista Cutler, il trombettista Levee, il bassista Slow Drag e il pianista Toledo, aspettano l’arrivo di Ma Rainey per registrare un disco con la Paramount Records.
Quest’opera dà l’impressione di essere leggera e semplice ma, come in tutte le cose, bisogna andare a fondo. Racconta la vita dei neri americani agli inizi del ventesimo secolo, attraverso una lente di ingrandimento, per l’appunto il blues. Racconta l’amore per la propria cultura, per tutti coloro che hanno combattuto le discriminazioni razziali pagando, troppo spesso, con la vita. È un film che espone quanto Ma Rainey dovette combattere tutta la vita per ottenere rispetto.
“Non canti per sentirti meglio. Canti perché cantando, capisci la vita”.
Quello che siamo oggi, quello che le donne, tutte, hanno affrontato nel corso della storia tendiamo a dimenticarlo. Dimentichiamo cosa ci è successo una settimana fa, quando invece dovremmo tenere alta l’attenzione sulla nostra storia, scavare nel profondo, capire cosa è successo.
Se vogliamo tramandare alle giovani donne come ottenere rispetto, per sapere chi siamo e come agire, dobbiamo insegnare e studiare il passato per capire la strada che è stata percorsa e continuare a camminare sulla stessa via con nuovi mezzi.
I tempi sono cambiati ma il dolore no, resta lo stesso.