La figura che ha guidato il popolo americano è certamente una persona piena di carisma, preparazione, intelligenza. C’è chi l’ha definita “un profilo abbastanza di sinistra”, cosa vogliano dire non ci è dato saperlo. Un nome che in sanscrito significa “loto”, nome alternativo della dea Lakshmi, e “dea” nome della divinità femminile che protegge i villaggi: Kamila Harris.
In ordine sparso: due specializzazioni in scienze politiche ed economia, un dottorato per l’esercizio della professione legale presso l’University of California, Hastings College of the Law di San Francisco, fu assunta come vice procuratore distrettuale della Contea di Alameda dove si fece notare come “un’abile procuratrice”; divenne capo della Career Criminal Division seguendo casi di omicidio, violazione di domicilio, rapina e violenza sessuale, nota per essere “brillante, alacre e qualificata”. Nel 2011 fu la prima afroamericana, la prima asioamericana, la prima donna a diventare procuratrice generale della California. Nel 2014 Harris fu rieletta con il 57,5% di voti. Nel 2018 fu premiata con l’ECOS Environmental Award per l’autorevole impulso da lei dato alla protezione ambientale.
Contraria alla pena di morte, promettendo una riforma del sistema penale che eviti l’incarcerazione di massa, soprattutto dei neri; favorevole all’aborto e ai diritti dei gay, caldeggiando per un “terzo genere” oltre al femminile e maschile sui documenti pubblici, in sanità ha parlato di voler abolire le assicurazioni private in favore di una mutua pubblica.
Oltre a tutti questi meriti e riconoscimenti, a testimonianza della preparazione intellettuale di questa donna, le si deve la meravigliosa capacità di aver fatto ritornare la voglia di scegliere. La volontà e la forza del cambiamento. Grazie a lei moltissime donne e uomini afroamericani hanno deciso di andare a votare scegliendo anche il voto postale, il tanto discusso voto postale che “l’invincibile Trump” non ha mai ritenuto valido.
Il movimento dei “blacklivesmatter”, ha visto in lei uno spiraglio di luce, una cima a cui aggrapparsi per non cadere in un burrone pieno di razzismo e continue ingiustizie. La voglia di cambiamento e novità.
Molti artisti di colore, e non, hanno dichiarato il loro voto: da Lizzo, Katie Perry, Beyoncè, Lady Gaga, come avvenne per Barack Obama, attraverso i loro canali ufficiali, con video, canzoni, foto. Questo a sostegno di un cambiamento, di un possibile palcoscenico su cui essere fieri di quello che si è, senza nessuna vergogna di sesso e razza.
Kamala Harris, una donna, la prima donna afroamericana ad essere vicepresidente degli Stati Uniti d’America 2020.
Sarebbe bello ora guardare la faccia di tutti quei misogini, razzisti e cultori della donna che “deve stare zitta e a casa a sfornare figli”, quelli de “la donna non deve lavorare”, del “non è capace”.
Sta finendo quel tempo, sta finendo il tempo in cui la donna non è ritenuta adatta per “certe mansioni”, tempi in cui la donna è solo un sopra-mobile muto e di bella presenza; tempi in cui si sta “buone e ubbidienti”. Kamala Harris è sicuramente un modello da cui attingere e a cui le giovani donne, le donne tutte e non solo devono guardare, non per tentare di somigliarle, perché la bellezza è diversità, ma per continuare a convincerci che attraverso lo studio, la perseveranza e la caparbietà, tutto è possibile.
Chi ha avuto tanto deve dare tanto.
Buon lavoro Kamala Harris.