L’immagine del primo giorno nel Parlamento italiano descrive quella che sarà la direzione del nuovo Governo di estrema destra. Forse la più nitida, e terribilmente lucida, rispetto all’ultimo governo politico, rappresentato dal Conte bis, teoricamente di sinistra se non per certi aspetti, ma assoggettato ad un perpetuo neoliberismo nelle scelte politiche e ad una visione sfocata sull’affermazione di quei diritti che le comunità, le associazioni e i movimenti dal basso chiedono da decenni. Quegli stessi diritti che, se fossero stati riconosciuti e supportati, avrebbero segnato una linea netta di demarcazione tra la Sinistra, con la lettera maiuscola, e la destra.
In quella seduta, una cortina nera e buia è stata lanciata dal pluriparlamentare nelle plurilegislature di destra Maurizio Gasparri. Una proposta nera che nel primo giorno è stata un’evidente e consapevole segnale volto a tracciare la linea del totale affossamento dei diritti. Così Gasparri propone un ddl che intende modificare l’articolo 1 del codice civile, nello specifico riconoscere al concepito il diritto giuridico e stabilire una giornata nazionale per “La vita nascente”.
Cosa vuol dire riconoscere il diritto giuridico al concepito? Dal punto di vista temporale, nell’esatto momento del concepimento, al concepito verrebbe riconosciuto il diritto giuridico. Attualmente, quest’ultimo è assoggettato a quello del nascituro, in riferimento ad alcune fasi di sviluppo del feto entro le quali, anche dal punto di vista di una maggiore sicurezza per la salute della donna , è possibile abortire.
Una proposta pericolosa che, se portata avanti, andrà ad intaccare indirettamente anche la legge 194 del 1978, la quale regolamenta l’aborto per le donne, seppur con tanti limiti. Si tratta, infatti, di una legge risalente a oltre 40 anni fa, frutto delle campagne femministe e di un compromesso nelle stanze del Parlamento per mettere d’accordo tutti, anche i più oltranzisti e antiabortisti.
Il ddl Gasparri potrebbe costituire un precedente per un reato e quindi la parola “aborto” si trasformerebbe in “omicidio”. Non solo, andrebbe ad inibire tutte quelle donne che vogliono abortire, creando ulteriori difficoltà nell’accessibilità, in maniera legale, al processo di interruzione volontaria di gravidanza. Tutti gli obiettori di coscienza e le associazioni pro- vita sarebbero ancora più legittimate ad ostacolare psicologicamente e fattivamente la libertà di scelta delle donne sull’aborto.
Sul diritto all’aborto molti passi in avanti devono ancora essere fatti, affinché ogni singola identità di ciascuna donna venga riconosciuta e valorizzata, per comprendere che siamo noi a decidere sul nostro corpo e non possono essere certamente i Gasparri di turno o i sostenitori pro-vita. L’aborto, oltre che un diritto, è libera scelta che spetta alle donne.
Lasciate che siano le donne a parlare del proprio corpo e delle proprie difficoltà, della loro storia, non entrate in dinamiche che non conoscete, ma provate a conoscerle e a riconoscerle o sarete voi a non aver fatto nessun passo in avanti, ma solo tanti indietro.
Foto: Non una di meno