Alea iacta est! I candidati alla carica di Presidente della Provincia di Taranto sono Rinaldo Melucci e Ignazio Punzi rispettivamente Sindaco di Taranto e Montemesola.
Candidature ufficializzate con una vittoria “a tavolino” per il Sindaco della città dei due mari. Infatti, le elezioni del Presidente della Provincia sono elezioni di secondo livello (votano solo Sindaci e Consiglieri comunali) ed è eletto Presidente il candidato che consegue il maggior numero dei voti ponderati.
Che vuol dire voto ponderato? E come si calcola?
Ciascun elettore (sindaco o consigliere comunale) esprime un voto che viene ponderato sulla base proprio di un “indice di ponderazione”. Questo indice rappresenta sostanzialmente il “peso del voto” di ciascun elettore ed è determinato in relazione alla popolazione complessiva della fascia demografica del comune di cui si è sindaci o consiglieri.
Pertanto, conti alla mano, considerata l’ampia coalizione di Terra Jonica 2050, che al suo interno vede Partito Democratico e Movimento 5 Stelle – una settimana dopo concorrono per le politiche divisi – e liste civiche dei comuni con maggior numero di abitanti, viene da sé che il prossimo Presidente della Provincia di Taranto sarà Rinaldo Melucci.
Elezioni che si portano dietro non pochi strascichi. È di qualche giorno fa la notizia del ritiro del Sindaco della città di Grottaglie, Ciro D’Alò il quale, denunciando un veto del Partito Democratico provinciale sulla sua candidatura, ha fatto sapere che non solo non avrebbe partecipato alla corsa alla Presidenza ma che non si riconosce “nel metodo di questo centro sinistra, succube di dinamiche imposte dal PD che, come al suo solito, senza alcun confronto vorrebbe imporre a tutti i territori decisioni concordate a porte chiuse”. Lo stesso D’Alò aveva annunciato che il consigliere e capogruppo in Provincia della lista “Terra Jonica 2050”, Aurelio Marangella avrebbe abbandonato il gruppo.
E la nota stampa non si è fatta attendere. Questa mattina, Aurelio Marangella – consigliere più suffragato alle scorse elezioni provinciali – ha ufficializzato le sue dimissioni da capogruppo della lista “Terra Jonica 2050”.
“Nella confusione totale e nella poca chiarezza e trasparenza registrata in queste ultime settimane – dichiara Marangella – nel percorso politico autoreferenziale messo in atto, nel capoluogo jonico, da una parte del Partito Democratico, non posso non denunciare il mancato coinvolgimento, nell’individuazione della migliore figura politica del centrosinistra da candidare a prossimo Presidente della Provincia, del gruppo consiliare nella sua totalità, e del sottoscritto in qualità di capogruppo. Pur sforzandomi, non riesco davvero a comprendere come un fantomatico tavolo politico di centrosinistra, possa immaginare di riunirsi per concorrere alle elezioni del Presidente della Provincia senza interpellare i consiglieri di centrosinistra, già eletti nello scorso mese di gennaio, e con i quali il futuro Presidente dovrà governare per i prossimi 18 mesi”.
“Con rammarico – continua il consigliere provinciale – constato che la bella pagina di politica condivisa, partecipata iniziata con la creazione della lista Terra Jonica 2050 oggi sia stata cancellata con l’autoreferenzialità e l’imposizione di una classe politica cieca e sorda che ha poca voglia di discutere e confrontarsi per la risoluzione dei problemi del nostro territorio, ma che è sempre attenta alle quadrature del proprio orticello.”
“Questa mia decisione – conclude – scaturisce anche dal confronto avvenuto con il Segretario provinciale del mio partito (Articolo Uno), estromesso dalla fase del confronto, sia con la maggioranza politica della città di Grottaglie. Ringrazio i colleghi consiglieri tutti, con i quali resta un forte legame e con i quali rimarrà aperto un confronto sereno e proficuo.”
Alfredo Longo, Sindaco di Maruggio del quale si era paventata una possibile candidatura, ha rinunciato anche lui alla corsa comunicando che “pur essendo una figura civica e trasversale non posso non considerare il quadro che i partiti, il Comune capoluogo e la Regione, stiano riservando alla Provincia di Taranto. L’elezione del Presidente è legata ad una assurda normativa che non permette ai cittadini di esprimere liberamente il proprio voto, ma dipende da sproporzionate rappresentazioni di forza che favoriscono più un accordo elettorale tra pochi piuttosto che un democratico confronto tra proposte politiche diverse”.
Insomma, dichiarazioni molti simili quelle dei Sindaci e del consigliere provinciale che non possono non far riflettere anche sulle affermazioni di alcuni iscritti del Partito Democratico pugliese sulle candidature alle politiche del 25 settembre.
Il consigliere regionale, Michele Mazzarano ha dichiarato che “le liste del Pd, prima di essere invotabili, sono inguardabili. La scelta di imporre cinque capilista di soli uomini è retrograda, antimoderna, tipica delle forze politiche conservatrici della peggiore specie. Questa decisione allontanerà dal Pd l’attenzione e la sensibilità di una parte rilevante del mondo delle donne che chiedono alla politica di essere al passo con le evoluzioni sociali”.
Fabiano Amati, Presidente della commissione Bilancio del Consiglio Regionale, sulla stessa scia del suo collega, ha dichiarato che “le liste del Pd Puglia non sono solo invotabili ma pure illegali. Violano infatti una gran quantità di norme statutarie e in particolare quelle sulla parità di genere e quelle sulla contendibilità delle cariche”. E ieri, con un duro post su Facebook, ha criticato le parole pronunciate dal Governatore Emiliano davanti ai giornalisti. “Che le liste Pd Puglia siano invotabili lo confessa pure il suo autore: Emiliano. Reo confesso. – ha scritto, Amati – E dice pure: che i candidati capilista non vengono eletti dal popolo ma dai partiti; che sono tutti “cosa sua” perché è il più forte; che Enrico Letta ha sbagliato tutto e che perciò perderemo le elezioni. E poi sarei io a fare del male alla “ditta”? Ma fatemi il piacere…”
Il Partito Democratico punta tutto sul “non possiamo far vincere le destre”. Un po’ deboluccio come programma politico. Forse dovremmo partire dalla realtà: il Partito Democratico non è più un partito di sinistra nell’agire e nel pensare e da quello che sino ad ora abbiamo letto non sarà un buon risveglio il 26 settembre.