Negli ultimi anni la consapevolezza sul cambiamento climatico è aumentata, è un tema particolarmente sentito tra le nuove generazioni, le numerose manifestazioni hanno rimarcato l’urgenza di avviare percorsi concreti per la difesa e la gestione delle risorse del Pianeta.
Il riscaldamento globale in atto condiziona la vita delle comunità in termini di salute ed economia. Il rischio aumenta per quelle comunità che non hanno gli strumenti, economici e di gestione, utili per fronteggiare il cambiamento. Oltre a tutto ciò che coinvolge la vita dell’essere umano, è in grado di condizionare gli ecosistemi marini e terrestri.
Abbiamo incontrato il professor Piero Lionello, ordinario di Fisica dell’Atmosfera e Oceanografia presso l’Università del Salento, per mettere a disposizione dei lettori e delle lettrici una parte delle conoscenze scientifiche sull’argomento.
Il professor Piero Lionello, è uno degli autori del capitolo 13 “Europa” e del cross-chapter paper 4 “Mediterraneo” dell’ultimo rapporto dell’IPCC (Intergovermental Panel on Climate Change) e del capitolo “drivers of Change” del rapporto MedECC sui cambiamenti climatici e ambientali nella regione mediterranea.
Professore cosa si intende per ‘cambiamenti climatici’ e quali sono i fattori che li determinano?
Il sistema climatico terrestre si compone di atmosfera, idrosfera, criosfera, litosfera e biosfera che interagiscono fra di loro su molteplici scale spaziali e temporali. Si parla di cambiamento climatico quando è possibile identificare (in genere su base statistica) un cambiamento che persiste per un lungo periodo, generalmente almeno per alcune decadi, nel comportamento delle variabili che caratterizzano questo sistema. Le quantità di uso più diffuso per descrivere i cambiamenti climatici sono la precipitazione e la temperatura dell’atmosfera, ma in generale è riduttivo limitarsi a queste due sole variabili. I cambiamenti climatici possono essere innescati dalle variazione periodiche dei parametri dell’orbita della Terra (come nel caso dei periodi glaciali e interglaciali), da variazioni dell’intensità dell’attività solare, dall’attività vulcanica, o, come sta accadendo ora, dall’intenso uso dei combustibili fossili che ha portato a un incremento delle concentrazioni di gas serra, in particolare di anidride carbonica (CO2) in atmosfera.
Quali sono gli scenari previsti sulla base degli aumenti medi di temperatura?
Ci si attende che un generalizzato aumento delle temperature e delle ondate di calore interessi più o meno tutte le aree del globo, con valori maggiori nelle regioni polari che nelle regioni tropicali. Inoltre, ci si aspetta un cambiamento dei regimi delle precipitazioni, con un loro generale aumento su scala globale e alcune regioni in controtendenza, in cui è prevedibile una diminuzione, come nel Mediterraneo. I cambiamenti attesi sono comunque molteplici: generale aumento delle intensità dei fenomeni metereologici estremi, una diminuzione della copertura nevosa, dei ghiacciai continentali delle calotte polari, dei ghiacci artici, una tendenza a un aumento delle siccità in molte zone. Inoltre, ci si attende un marcato aumento del livello del mare, un aumento della temperatura e riduzione del carattere basico della acque marine (acidificazione).
Quali sono e saranno gli impatti attesi prodotti dai cambiamenti climatici nella regione mediterranea?
Già si iniziano ad osservare gli impatti sugli ecosistemi terrestri e marini, mortalità di massa prodotte dalle ondate di calore in mare, aumenti delle condizioni favorevoli agli incendi, veloce e progressiva diminuzione dei ghiacciai alpini. C’è il rischio che in futuro i cambiamenti climatici portino alla scomparsa di specie e di ecosistemi dalla regione mediterranea. Anche agricoltura e pesca iniziano a percepire i primi effetti dei cambiamenti in atto. La diffusa diminuzione delle risorse idriche pone a rischio molteplici settori produttivi. Insediamenti e attività lungo le coste verranno posti a rischio dall’erosione costiera e dall’aumento del livello del mare.
In che modo e con quale velocità potrebbero cambiare gli ecosistemi marini e terresti così come li conosciamo, in particolare su una scala di tempo di 50 anni?
Quanto cambieranno gli ecosistemi dipende da quanto intenso sarà il cambiamento climatico, cioè da quanto intense saranno le emissioni. Uno scenario che limita con efficacia l’utilizzo di combustibili fossili potrebbe minimizzare i cambiamenti, in particolare se accompagnato da efficaci azioni di adattamento. Se si guarda agli ecosistemi, si deve tenere presente che sono impattati non soltanto dai cambiamenti climatici, ma anche dall’inquinamento, dallo sfruttamento delle risorse, dalla sottrazione e dalla frammentazione delle aree a loro disposizione, e dalla presenza di specie non indigene (alloctone), che non sarebbero presenti nell’ambiente se non fossero state introdotte direttamente o indirettamente dall’uomo. Nel caso del mare, l’ingresso delle specie aliene nel Mediterraneo avviene con i traffici marittimi, attraverso il Canale di Suez e con l’acquacoltura. Nell’immediato questi fattori hanno un effetto confrontabile se non maggiore del cambiamento climatico. Un esempio molto significativo è l’inquinamento prodotto da macro e microplastiche. C’è rischio che molti ecosistemi spariscano e specie si estinguano.
Come spiega il periodo invernale di siccità metereologica nel nord Italia con le recenti precipitazioni che hanno interessato la Puglia?
Nel Nord Italia come conseguenza del cambiamento climatico ci si attende un aumento della siccità nei mesi estivi e non nei mesi invernali. Quanto accaduto nei mesi scorsi nel Nord Italia necessita di ulteriori approfondimenti. In particolare, per le precipitazioni alla tendenza media degli eventi si sovrappone una variabilità inter-annuale e inter-decadale che nel Mediterraneo è molto alta e potrebbe essere stata il fattore determinante per le recenti siccità invernali. Riguardo alle forti precipitazioni in Puglia degli scorsi mesi, il singolo evento meteorologico estremo non è mai interpretabile in modo semplice in termini di cambiamento climatico, perché in genere risulta dalla sovrapposizione di molteplici meccanismi che, sovrapponendosi in modo non-lineare, ne determinano l’intensità. E’ metodologicamente problematico indentificare il cambiamento climatico come causa determinante di un singolo evento di precipitazione estrema. Il cambiamento climatico in atto ha un chiaro effetto sulla frequenza complessiva di questi eventi, cioè un aumento della probabilità di fenomeni metereologici estremi. Quanto stiamo osservando è coerente con questa aspettativa.