Paolo Rossi è stato l’Italia. Addio Pablito

Andrea Nigro

, Sport

Paolo Rossi molti di noi lo hanno vissuto nei racconti dei loro padri, di quel Mundial del 1982 nel quale ha incarnato alla perfezione il ruolo dell’eroe romantico: risorgendo dalle ceneri di una squalifica, dalla diffidenza per la convocazione, dalle critiche dopo le prime quattro gare per scatenarsi in una sequenza magica di perfezione calcistica.

Tre al Brasile, come mai nessuno prima e dopo nella storia dei Mondiali, due alla Polonia e quello che apre la festa di Madrid.

Paolo Rossi è stato il nostro calcio: Omar Sivori, Gianni Rivera, Paolo Rossi, Roberto Baggio, Paolo Cannavaro. Un club ristrettissimo di fenomeni che hanno tinto di azzurro la storia del Pallone d’Oro.
Paolo Rossi è stato l’emblema di una classe di uomini, e poi di atleti, che si è consegnato all’immortalità sportiva, artistica, sociale del nostro paese: quella degli Scirea, Facchetti, Zoff, Cabrini, Gentile, Conti, Tardelli e chi più ne ha più ne metta. La squadra del Mondiale del 1982 ha davvero regalato speranza ad una popolazione lacerata da conflitti interni mai risolti e che oggi, in tempi bui, riemergono con ancor più prepotenza. Tanti di questi protagonisti oggi hanno testimoniato il loro dolore, con parole dolcissime, laceranti, semplici ed immediate. Come il Trap o Antonio Cabrini, che a più di qualcuno hanno fatto venire la pelle d’oca.

Paolo Rossi è stato un centravanti clamoroso, decisivo, che amava definirsi “un calciatore normale”.

Lascia un vuoto nella nostra storia calcistica, lascia un vuoto anche per i suoi modi gentili e quelle parole ragionate che dispensava negli studi televisivi che anticipavano e commentavano le grandi serate di calcio.

Paolo Rossi mancherà tanto ai nostri nonni, ai nostri padri e di riflesso anche a noi, che non lo abbiamo vissuto davvero, poiché ha lasciato un segno tangibile nella nostra memoria collettiva. Come sanno fare solo le leggende.

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