Sceneggiatura Jeff Pope
con Steve Coogan, John C. Reilly, Shirley Henderson, Danny Huston, Nina Arianda, Rufus Jones, Susy Kane
prodotta da Sonesta Films e Fable Pictures
fotografia Laurie Rose
montaggio Úna Ní Dhonghaíle, Billy Sneddon
scenografia John Paul Kelly
regia Jon S. Baird
Era davvero l’ora che qualcuno dedicasse un momento di riflessione e considerazione ad una delle più importanti, riuscite e uniche coppie comiche della storia del cinema mondiale: Stanlio e Ollio. Dopo essere stati, per chissà quali motivi, totalmente archiviati e dimenticati dalle più importanti produzione del mondo (che guarda caso non si sono occupate e preoccupate del film in questione), senza ricevere tutta l’attenzione, il restauro e la rivalutazione (per esempio) dedicata all’opera di Charlie Chaplin.
Fortunatamente ci pensa magistralmente il regista scozzese Jon S. Baird. Dopo circa cinque anni di assenza dalle sale cinematografiche, durante i quali era impegnato nella realizzazione di svariate serie televisive, ritorna con un pregevole, dettagliato, elegante ed emozionante film sugli ultimi anni di carriera di Stan Laurel ed Oliver Hardy. Sceneggiatura firmata dalla penna di Jeff Pope, già autore del fortunato film “Philomena”, interpretato anch’esso da Steve Coogan (che ne è anche co-sceneggiatore), il testo è tratto dall’ormai raro libro di A.J. Marriot “Laurel and Hardy: The British Tours”, che racconta la loro ultima tournée teatrale inglese.
È con un lungo piano sequenza che inizia il film, un perfetto “incipit” che trasmette finemente allo spettatore quanto famosi e osannati fossero Laurel (S. Coogan) e Hardy (J.C. Railly) alla fine degli anni 30’: le più importanti star comiche di Hollywood. Nel contempo emerge, in poco meno di dieci minuti, la necessità di Hardy di non troncare il rapporto lavorativo con Hal Roach, loro storico scopritore, per palesi motivi economici; e l’esigenza, invece, da parte di Laurel, di affrontarlo per ottenere una paga più alta, i diritti sui loro film proiettati in tutto il mondo (scritti quasi sempre interamente da Laurel stesso) o, come ultima carta, minacciargli l’eventuale intenzione di mettersi in proprio. Il tutto sul set de “I fanciulli del West”, una delle ultime produzioni di Roach. Poi, dalla ricostruzione in cinema di un ennesimo successo comico, che vede il film passare dal set alla proiezione in una sala traboccante di spettatori in estasi, sulle immagini sonore del celebre balletto alle soglie del saloon, Laurel e Hardy, li rivediamo, invecchiati, alle porte di un attempato e desolante hotel della periferia di Londra, punto di partenza dell’ultima tournée teatrale inglese. Da questo momento in poi, i due percorreranno il difficile proseguo della loro carriera con il pesante fardello di un tour dalle sale semideserte, in teatri di secondo ordine e con la falsa speranza di confermare la realizzazione di un ultimo loro film basato sulla storia di Robin Hood. Dovranno in fine scendere a “gratuiti” compromessi per garantirsi un finale di tournée che si rivelerà un successo teatrale senza eguali.
Il film assume, minuto dopo minuto, un’atmosfera sempre più drammatica e commovente, nonostante i protagonisti siano gli interpreti della coppia comica più potente al mondo. Oltre all’umiliazione subita dopo un’illuminata e lustrata carriera, ad aggravare il tutto saranno le preoccupanti condizione cardiache di Oliver Hardy, che non riusciranno più ad un certo punto a sostenere l’emozione e la fatica di una lunga performance teatrale. Si scoprirà però che l’amicizia e l’amore che legava in vita questi due colossi del cinema comico mondiale, abbatterà ogni barriera, artistica e umana, tra litigi e rancori. Mai, in fine, l’uno non sdegnerà di riscaldare la mano dell’altro nei momenti freddi della vita.
Steve Coogan e John C. Reilly, rispettivamente Stanlio e Ollio, regalano davvero un immenso e degno tributo storico e artistico a Stan Laurel e ad Oliver Hardy. Finalmente! Un’interpretazione che si potrebbe tranquillamente definire “da Oscar”, che li vede eguagliare, con rare sfumature d’inesattezza, ciò che erano le due stelle di Hollywood nella realtà e nel cinema. Soprattutto se si pensa a come i due erano “infagottati” per assomigliare il più possibile a Laurel e Hardy … è in questo un punto in più alla perfetta riuscita del ruolo va certamente ad John C. Reilly, che appare come “esatto” clone di Hardy. Ma il film non avrebbe assunto la fluidità e l’incantevole narrazione, che ti lascia scivolare la storia in un battibaleno, se il tutto non fosse stato diretto con eleganza e delicatezza da Jon S. Baird, che chiude il film con una sequenza colma di commozione e incanto, tra riflettori, sipario, giubilo, risate e sofferenza. In fine: ineccepibile la ricostruzione scenografica, perfetta in ogni dettaglio, che immerge lo spettatore nell’epoca senza sbavature e disattenzioni; coadiuvata da una fotografia in perfetta simbiosi con il tempo storico e la narrazione.
“Stanlio e Ollio – il film” e un ottimo punto di partenza. Le sale dovrebbero essere affollare, perché la storia e l’umanità non può dimenticare questi due grandi monumenti della commedia mondiale. Così come non si può lasciare la loro opera senza che qualcuno si occupi di restaurarla, rivalutarla e lasciarla alle future generazioni come uno scrigno pieno di perle preziose. Fare esattamente ciò che è stato fatto per Chaplin: film totalmente restaurati, rivalutati e riproposti. Perché di Stan Laurel e Oliver Hardy, e di “Stanlio e Ollio”, nella loro perfezione e bellezza, non ne nasceranno mai più.