Il 27 gennaio di ogni anno si celebra nei paesi membri dell’ONU la Giornata della memoria. La data fa riferimento alla liberazione, da parte dell’Armata rossa, del campo di concentramento di Auschwitz.
Quest’anno come consiglio di lettura vi parlerò del libro vincitore del Premio Napoli 2022, Se solo il mio cuore fosse pietra della giornalista Titti Marrone.
Il testo racconta della villa di Benjamin Drage, a Lingfield in Inghilterra, che nel 1945 si trasformò in una residenza per venticinque bambini, tra i quattro e i quindici anni, reduci dai campi di sterminio.
Questa residenza fu un’iniziativa di Anna Freud, figlia del padre della psicoanalisi, e della sua collaboratrice Alice Goldberger.
Alice, circondata da altre collaboratrici, attraversando mille difficoltà riesce a creare un ambiente sano e sicuro per la riabilitazione di questi bambini.
La Marrone attraverso un lavoro di studio dei documenti ci restituisce un’esperienza unica nel suo genere, la Goldberger insieme alle sue collaboratrici riesce a creare un ambiente sereno e tranquillo per tutti questi bambini.
La difficoltà del lavoro svolto dalla Goldberger stava proprio nel capire la storia di ogni bambino e cercare il modo giusto di aiutarlo a superare i traumi ed a stabilire una sana convivenza.
Il testo è strutturato molto bene, inizialmente si racconta l’esperienza della residenza e le difficoltà della Goldberger, gli scambi di consigli che ha con la Freud impegnata altrove, poi man mano che si procede con la lettura si familiarizza con le varie storie, si empatizza con i bambini. Il lettore ad un certo punto diventa un altro ospite della casa, che è in cucina mentre i bambini aiutano a cucinare il pane, in camera da letto quando i bambini spaventati nascondono il cibo, ecc.
La Marrone ha il privilegio di catapultare il lettore nella storia, ti accompagna nelle stanze della residenza quasi in punta i piedi per non disturbare il sonno dei bambini.
Quello della Marrone è un libro doloroso due volte: la prima perché racconta una delle pagine più brutte della storia dell’uomo, la seconda perché queste esperienze negative le hanno vissute dei bambini, la parte più debole di una società.
Questo è un libro che parla sì di dolore, sia degli ospiti che delle operatrici, ma ci sono anche delle note positive. Infatti la Goldeberger insieme ad un comitato fatto ad hoc, riesce a rintracciare i parenti di questi bambini, lì dove sono ancora in vita. Le storie di ricongiungimento familiare sono il “premio” sia ai protagonisti ma anche al lettore che partecipa con la lettura.
Un testo utile a farci capire quanto le scelte scellerate degli adulti possano influire negativamente sul presente ma soprattutto sul futuro dei bambini, sia il loro che dell’umanità.
Una lettura a tratti dolorosa ma, come spesso accade, necessaria per conoscere e comprendere il dolore di quelle innocenti vittime della follia degli adulti.
…Vita, morte, nascite, uccisioni e ancora violenze, sopraffazioni, privazioni. Quanto poteva sopportare la mente di un bambino? Nei suoi rapporti periodici ad Anna Freud, Alice non finiva di descrivere la quantità di situazioni in cui si erano dovute adattare quelle creature. Ma erano soprattutto domande. “Sono stati quelli passati da Auschwitz i più sfortunati? O quelli tenuti nascosti e lasciati soli? Esiste la possibilità di una graduatoria degli eventi scioccanti provocati dalla guerra? È mai accaduto prima a dei bambini quello che stiamo scoprendo adesso? Perfino la parola ‘traumi’ appare insufficiente, inadeguata a rappresentarli, se consideriamo la facilità con cui tendiamo a usarla, per inconvenienti imparagonabilmente minori. Da ora in poi, o ne inventiamo un’altra, o diciamo ‘trauma’ solo in presenza di fatti di questa gravità.” E nella visita successiva della dottoressa a Lingfield, si lasciò andare a una confidenza personale che solo un anno prima non avrebbe mai pensato di farle. “A volte vorrei avere il cuore di pietra per non essere sopraffatta dal loro dolore.”