Quando varchi la soglia di Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato l’odore dell’impegno, della verità, della lotta, della cultura lo senti tutto. Sono passati dodici anni, da quando ho messo piedi nella Casa Museo dedicata alla memoria di Peppino Impastato e di sua madre Felicia ma quel profumo forte, intenso, coraggioso e determinato te lo porti dietro per sempre.
La mattina del 9 maggio del 1978 l’Italia si fermò: il corpo crivellato di colpi di Aldo Moro fu trovato all’interno di una Renault 4 rossa in via Caetani, a Roma. E, in quella stessa mattina, a Cinisi, paesino siciliano tra roccia e mare, il corpo a brandelli di Peppino Impastato viene ritrovato sui binari del treno. Peppino non si era suicidato e non era nemmeno un terrorista. Peppino fu ammazzato dalla mafia. Quella stessa mafia che lui, ostinatamente e fermamente, aveva deciso di combattere. E la combatteva con la cultura della ribellione sradicando quel concetto deviato di protezione, tranquillità, silenzio e omertà che aveva imposto la criminalità organizzata. E lo faceva proprio con la cultura. Quella stessa cultura che, dopo la sua morte, hanno caparbiamente portato avanti mamma Felicia e il fratello Giovanni ribellandosi ad un sistema corrotto, che non lascia spazio alla libertà e alla giustizia.
Oggi Luisa Impastato, sua nipote, porta avanti questo enorme testamento morale che ci ha lasciato Peppino, continuando ad alimentare quella cultura contro la rassegnazione, la paura e l’omertà.
Luisa, dalla morte di Peppino Impastato oggi sono passati 44 anni: quanto è viva la sua lotta, soprattutto tra i più giovani?
Incredibilmente la sua storia, dopo 44 anni dal suo assassinio mafioso, è viva e soprattutto condivisa da tantissime persone e giovani che come me non hanno conosciuto Peppino e non hanno vissuto quegli anni, quelle lotte, quel contesto, ma che oggi si rifanno a lui come punto di riferimento. Io credo che la sua storia oggi sia assolutamente attuale ed è una cosa che m’inorgoglisce tanto, credo che questo sia dovuto anche alla sua giovane età: un trentenne, sicuramente degli anni ‘70, ma comunque un ragazzo che aveva quel fervore tipico della giovane età e, allo stesso tempo, che parlava di istanze che, ahimè, sono ancora molto attuali.
Tu non hai conosciuto tuo zio, l’hai fatto attraverso le parole e la lotta di tua nonna, tuo padre e dei suoi compagni. Ma se pensi a lui, qual è la prima cosa che ti viene in mente?
Come dicevo prima: l’età, la sua giovinezza. Ed è una consapevolezza che ho assunto recentemente. Io oggi sono più grande di lui ed ho difficoltà a parlare di Peppino come mio zio. Questo però mi ha fatto capire che, nonostante la giovinezza, ha speso la sua vita nell’impegno sociale, politico, nella lotta contro la mafia, intraprendendo una strada difficile che è stata soprattutto quella di rompere con la sua famiglia, con suo padre riuscendo ad avere le idee chiare già da giovanissimo. Da un punto di vista più intimo, se avessi avuto la possibilità di conoscere Peppino, con la sua sensibilità, con la sua intelligenza, con la sua ironia, sono sicura che avrebbe dato un contributo fondamentale alla mia formazione.
La lotta che ha sempre portato avanti tuo zio può dirsi esaurita? La mafia è ancora presente come allora?
Sicuramente sono stati fatti tanti passi in avanti sotto il punto di vista della lotta alla mafia da parte della magistratura, della società civile e delle istituzioni. C’è senza dubbio una maggiore sensibilizzazione, frutto anche dell’enorme lavoro dei movimenti e delle associazioni impegnati nel diffondere ed educare ad una cultura dell’antimafia. Oggi però la mafia, ahimè ed è una verità, è legata ad una rete di rapporti che la vede infiltrarsi ancora nei centri finanziari, di potere e nelle istituzioni. Pertanto è ancora un tema molto attuale.
Nella tua vita, quanto ha “pesato” il cognome che porti?
Non ha mai pesato, anzi per me è stato sempre un grande motivo di orgoglio anche quando, ad un certo punto della mia vita, ho capito che soprattutto nel mio paese Peppino non era ben visto. Sicuramente è una grande responsabilità, pesante sotto questo punto di vista ma nella sua accezione positiva. Oggi la storia di Peppino è un punto di riferimento, un simbolo per la lotta alla mafia ma porta dietro un bagaglio di quarantaquattro anni di lotte da parte della mia famiglia, dei compagni, del Centro Impastato, la storia di resistenza di mia nonna e di una collettività. Tutto questo è senza dubbio un’enorme responsabilità che sento e che sentiamo come associazione Casa Memoria.
Tuo zio è stato un esponente comunista, secondo te se fosse ancora vivo cosa penserebbe dell’attuale sinistra parlamentare?
Difficile rispondere a questa domanda. Peppino sicuramente è stato comunista, un uomo che credeva negli ideali del comunismo rivoluzionario. Erano anni in cui le ideologie erano fortemente sentite. Senza le sue idee, i suoi ideali che hanno accompagnato la sua militanza Peppino probabilmente non avrebbe portato avanti la sua lotta. Ma lui è stato sempre molto critico sulle dinamiche del partito comunista e spesso si sentiva un po’ al di fuori di determinati schemi. Oggi probabilmente sarebbe molto critico e forse si sentirebbe anche orfano di riferimenti partitici. Sono certa che oggi lui starebbe dalla parte degli ultimi, della pace, dalla parte di chi scappa dalle guerre sia via mare che via terra, dalla parte di chi pratica la solidarietà, degli sfruttati, di chi lotta per l’ambiente.
Cosa provi quando il nome di tuo zio viene utilizzato da politici lontani ideologicamente da lui?
La storia di Peppino è senza dubbio una storia collettiva e nelle sue lotte, nelle sue idee s’identificano trasversalmente tantissime realtà: dal mondo cattolico, alla scuola, ai centri sociali. La sua storia è però imprescindibile dalle sue idee con al centro la giustizia sociale, uguaglianza, l’ecologia, i diritti umani. Per fare antimafia non necessariamente bisogna essere di sinistra, rivoluzionari o comunisti ma chiunque parli o s’identifichi in Peppino come esempio da seguire deve tener conto dei suoi ideali. Chi appartiene a movimenti politici in netto contrasto con questi non può identificarsi nella sua storia.