“La perdurante esistenza di zone di sacrificio è una macchia sulla coscienza collettiva dell’umanità“. Lo scrive il Relatore speciale delle Nazioni Unite sugli obblighi in materia di diritti umani relativi al godimento di un ambiente sicuro, pulito e sostenibile, David R. Boyd, d’intesa con il Relatore speciale Marcos Orellana sulle implicazioni per i diritti umani della gestione e lo smaltimento di sostanze e rifiuti pericolosi, nel rapporto annuale intitolato “The right to a clean, healthy and sustainable environment: non-toxic environment” pubblicato e approvato dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu il 12 gennaio 2022.
Nel rapporto si legge ancora:“L’acciaieria Ilva di Taranto, in Italia, da decenni compromette la salute delle persone e viola i diritti umani scaricando enormi volumi di inquinamento atmosferico tossico. I residenti nelle vicinanze soffrono di livelli elevati di malattie respiratorie, malattie cardiache, cancro, disturbi neurologici debilitanti e mortalità prematura. Le attività di pulizia e bonifica che avrebbero dovuto iniziare nel 2012 sono state posticipate al 2023, con l’introduzione da parte del Governo di appositi decreti legislativi che consentono all’impianto di continuare a funzionare. Nel 2019 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha concluso che l’inquinamento ambientale continuava, mettendo in pericolo la salute dei ricorrenti e, più in generale, quella dell’intera popolazione residente nelle aree a rischio”.
Il rapporto conclusivo è stato diffuso da Marina Castellaneta, ordinario di diritto internazionale nel dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Bari.
Tra i luoghi più degradati in Europa occidentale, definite “zone di sacrificio”, i relatori hanno individuato proprio la zona dell’Ilva di Taranto che si trova nella stessa situazione di zone come quella di Quintero-Puchuncavi in Cile, Bor in Serbia e Pata Rat in Romania.
“Il diritto a un ambiente salubre – scrive Boyd – può essere garantito solo se si limita l’utilizzo di sostanze tossiche che colpiscono le persone più vulnerabili“.
Possiamo affermare senza tema di smentita – dichiara Alessandro Marescotti, fondatore di PeaceLink – che, mentre in combutta con alcune importanti aziende agiva contro gli interessi dei cittadini, lo Stato italiano distraeva il popolo tutto dalla realtà, raccontando di un fantomatico “allarmismo” creato ad arte dagli attivisti e arrivando addirittura ad individuare negli ambientalisti il vero problema dei cambiamenti climatici e dei danni all’ambiente – ragioni sposate pienamente da importanti organi di informazione a livello nazionale.
“No, – chiosa Marescotti – l’ONU ci dice che avevamo ed abbiamo ragione, restituendoci quella dignità di esseri umani e certificando senza ombra di dubbio che i nostri timori non erano appoggiati su supposizioni astratte, ma su studi scientifici e ricerche convalidate dalle più alte organizzazioni sanitarie, a partire dall’OMS.
Non cantiamo vittoria. – conclude – Come cittadini di uno Stato che si è spinto oltre ogni limite umano non possiamo cantare vittoria. Sappiamo, però, di avere ragione e moltiplicheremo gli sforzi che ci porteranno alla vittoria e riporteranno questa nostra nazione a quel livello di umanità che ogni democrazia riconosce. E dovrà essere un livello alto. Molto alto.