«Chiunque con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.» articolo 613-bis del codice penale.
Per la prima volta in Italia un funzionario pubblico è condannato per il delitto di tortura, introdotto nel codice penale nel 2017.
Era proprio il 2017 quando nel carcere di Ferrara avveniva una perquisizione, da parte di tre agenti della polizia penitenziaria, nei confronti di Antonio Caliopi detenuto in cella di isolamento. Il giovane, all’epoca dei fatti ventitreenne, fu fatto spogliare, inginocchiare e poi pestato gravemente. Lasciato solo in quelle condizioni, Antonio Caliopi fu notato dal medico del carcere durante il suo giro. Dei tre agenti uno ha chiesto il rito abbreviato ed è stato condannato a tre anni per tortura e lesioni personali, gli altri due andranno a processo ordinario, accusata anche di favoreggiamento e falso un’infermiera del penitenziario.
Quella di oggi per i fatti relativi alle violenze avvenute nei confronti di un detenuto nel carcere di Ferrara è la prima condanna di un funzionario pubblico per il delitto di tortura, introdotto nel codice penale italiano nel 2017.
Non si gioisce mai per una condanna e non gioiamo neanche in questo caso, ma affermiamo comunque che la decisione di oggi ha un sapore storico. La tortura è un crimine orrendo, inaccettabile in un Paese democratico. La condanna, seppur in primo grado, mostra come la giustizia italiana sia rispettosa dei più indifesi. Si tratta di una sentenza che segnala come nessuno è superiore davanti alla legge. La legge vale per tutti, cittadini con o senza la divisa. E’ questo un principio delle democrazie contemporanee.
Fortunatamente ora esiste una legge che proibisce la tortura. In passato fatti del genere cadevano nell’oblio. E’ importante che tutti gli agenti di Polizia penitenziaria si sentano protetti da una decisione del genere, che colpisce solo coloro che non rispettano la legge.
Antigone (Associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale) ha a lungo combattuto per avere questa legge, con l’ultima campagna “Chiamiamola tortura” avevamo raccolto oltre 55.000 firme a sostegno di questa richiesta. “Ora possiamo dirlo, la tortura in Italia esiste, purtroppo viene praticata, ma ora viene anche punita”. Queste le dichiarazioni di Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione.